Politica

Esistere, contare

Ho letto con molto interesse l’articolo di Pino Vita, pubblicato venerdì scorso, e dedicato alla questione dell’alleanza fra i laici. In quest’articolo si concentrano gran parte degli errori che attorno a questo tema si commettono.

1. Il primo è quello di dividere il mondo politico in centro destra e centro sinistra, chiedendo adesioni fedeli all’una od all’altra parte. Errore singolare, a dire il vero, se commesso da chi milita in un partito che ha aderito prima ad uno schieramento e poi all’altro. Ma l’errore è di fondo: non è vero che c’è quest’alternativa, e non è assolutamente vero che chi sta da una parte non deve o non può dialogare con chi sta dall’altra. Tutto al contrario, il falso bipolarismo all’italiana si regge solo e soltanto sul ruolo di una persona. E’ fragile e cadrà.
2. Il secondo errore è quello di far la storia dei molti tentativi passati, dimenticando di aggiungere che quei partiti avevano, allora, tutti propri eletti in Parlamento. Si è accorto, Vita, che da qualche tempo a questa parte ciò non è più? Ha preso atto che tutto quel mondo è divenuto la legione straniera di patrie nelle quali non si riconosce? E questo vale non solo per i repubblicani, che si trovino a destra od a sinistra, ma anche per i socialisti e per i liberali, che si trovino a destra od a sinistra. Vale meno per i radicali, che se ne stanno altrove. Ma, appunto questo siamo andati a dir loro, al congresso: si può scegliere ciò che aggrega, puntando ad una nuova presenza politica; o si può scegliere ciò che divide (e nota la mia posizione sulla droga), puntando alla testimonianza. La prima cosa sembra più saggia, e più laica.
3. Se anche tornasse il tempo antico della proporzionale non tornerebbe più il mondo politico di allora. Il passato non torna, quale che sia il nostro giudizio. E, comunque, se si chiede il proporzionale si deve anche essere capaci di ricostruire le identità politiche da gettare nella mischia, altrimenti ci si trova solo con delle sette per le mani. E quella ricostruzione richiede dialogo e confronto, capacità d’elaborazione politica, non esami di fedeltà alle nobili tradizioni.
4. Il terzaforzismo storico, quello di cui parla Vita, e che non ho mai condiviso, non può neanche lontanamente essere paragonato al ragionamento che svolgiamo adesso, per una semplice ragione: nell’Italia di allora mancava la seconda forza, ipotecata dai comunisti. Oggi il centro sinistra ha governato, il centro destra governa. Che si deve dire agli elettori, tanti, tantissimi, che non trovano ragione di riconoscersi in queste esperienze? In che si concreta il ruolo di “coscienza critica” una volta esercitato? nel cambiare schieramento, di tanto in tanto? Non conosco un solo repubblicano (salvo Vita non mi smentisca) che si riconosce in questo o quello schieramento, essendo i programmi che mancano, che non ci sono, assai più pesanti degli eventuali dissensi dalle cose che si dicono o si fanno. In questa condizione il partito dei programmi e delle proposte ha il dovere, il dovere, di aggregare forze attorno a punti condivisi.
5. I repubblicani farebbero bene a star dentro queste riflessioni ed evoluzioni, che sono difficili, rispetto alle quali nessuno ha in mano il bandolo della matassa, i cui approdi sono insicuri, che dovranno fare i conti con le miserie e gli egoismi altrui (facili da vedersi, mentre è meno facile riconoscere i propri) ma che, comunque, attengono alla vitalità della politica e della cultura. Puntare, invece, alla testimonianza, all’erezione del simbolo a contenuto (nulla di più antilamalfiano può immaginarsi), alla conta dei puri e dei devoti, è roba che lascerei volentieri a quelli di Comunione e Liberazione.

Condividi questo articolo