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Esitati

Esitati

Nelle urne vediamo gli esiti che avevamo anticipato. Quel che le Europee ci hanno consegnato, non è diverso da quel che si era previsto.

Nelle urne vediamo gli esiti che avevamo anticipato. Quel che gli elettori europei ci hanno consegnato, esitato, non è diverso da quel che si era previsto. Il che non significa sia tutto immutato, anzi.

1. La maggioranza parlamentare uscente è stata confermata. Si tratta di una coalizione fra popolari, socialdemocratici e liberaldemocratici. Visto che il Partito popolare europeo esclude di volere coinvolgere l’estrema destra, non dovrebbero esserci difficoltà a ricomporla. Chi proporranno come presidente della Commissione è altra faccenda, che si vedrà più avanti.

2. Non c’è dubbio che abbia soffiato un forte vento di destra, ma si deve stare attenti nel valutarlo. Intanto perché il Ppe non è che sia una formazione di sinistra, tutt’altro. Poi perché il discrimine passa dal rapporto con la Russia di Putin e dall’appoggio all’Ucraina, ovvero da una questione che divide le destre con le vele al vento, impedendo di assimilarle.

3. In Germania la debolezza dei socialdemocratici di Scholz era nota, ma seggi ne perdono meno del previsto e la Cdu è saldamente in testa. La Germania è rimasto il solo fra i grandi Paesi europei ad avere conservato, come strumento della politica, i partiti politici del secolo scorso. Questo rende più solido il loro sistema istituzionale.

4. In Francia avviene il contrario e si dimostra che una democrazia funziona male senza partiti che abbiano una storia che precede e segue la vicenda umana di questo o quel leader. Macron ha chiamato le elezioni anticipate: se riuscirà a ribaltare il risultato, accordandosi con socialisti e verdi, si sarà prenotato un posto nella storia del suo Paese (e anche dell’Unione europea); se non ci riuscirà, si apriranno un paio di anni di guerriglia fra presidenza e governo, a tutto detrimento della Francia.

5. Meloni fa bene, dal suo punto di vista, a sottolineare che quello italiano è il solo governo europeo premiato dagli elettori, ma è vero solo fino a un certo punto: le fa comodo che si sia rafforzata Forza Italia, ma la Lega indebolita resterà fonte di conflittualità oppure cambierà linea e guida, nel qual caso ci si deve però ricordare che la maggioranza si regge su qualche voto, mica su legioni di parlamentari.

6. Il Partito democratico va meglio di ogni previsione, dimostrandosi l’interprete più credibile dell’opposizione. Il che porta con sé un guaio: accentuerà i tratti massimalisti e sarà sempre meno un’alternativa capace di aggregare anche altre forze. Chi pensava di cambiare l’andazzo dopo la sconfitta alle europee ora deve sorbirsi la vittoria a denti stretti.

7. I liberaldemocratici nostrani hanno dimostrato un deficit di capacità politica. Quel che li divide non sono (soltanto) questioni personali ma politiche, epperò hanno perso fascino in battibecchi che hanno messo in fuga una porzione di elettorato potenziale, convincendolo a votare per altri o a non votare proprio. Se il bacino è quello del non voto hanno dimostrato di non essere riusciti neanche a vederlo.

8. Il numero più grosso lo fanno gli astenuti. Ogni volta si dice che è la cosa più importante e ogni volta ce ne si scorda due o tre ore dopo. Sono talmente tanti da non segnalare solo un vuoto di volontà e senso civico, ma anche un vuoto di offerta politica. Non lo colmano certo stando a casa, ma neanche accodandosi a propagande prive di contenuti.

9. Le elezioni non risolvono i problemi, indicano quanti dovrebbero affrontarli e possibilmente risolverli. La campagna elettorale ha (da noi e altrove) accuratamente evitato le vere questioni – difesa comune, debito comune, transizione energetica, innovazione tecnologica – concentrandosi nel voto contro qualcuno o qualcosa. La qualità di una classe politica si vede non dalla competenza specifica, economica o giuridica che sia, ma dalla capacità di usare energie e competenze per risolvere i problemi. In alternativa avviando la propria sepoltura nel festeggiare la vittoria transitoria. La politica europea è attesa a questa prova. Debiti e conflitti non consentono di aspettare troppo.

Davide Giacalone, La Ragione 11 giugno 204

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