La commissione degli esperti e dei presunti saggi, istituita per guidare le riforme istituzionali, non mi piacque fin dal suo nascere. Il nostro è un problema di scelte politiche, non di confronti scolastici. Non immaginavo, però, che si fossero arruolati autentici casi d’analfabetismo istituzionale. Naturalmente muniti di cattedra, di modo che le idee confuse possano essere diffuse. L’ultimo è il caso di Nadia Urbinati, politologa, che lascia la commissione protestando perché il ministro Gaetano Quagliarello non sarebbe “super partes”. Ma da quando in qua un ministro si può supporre sia al di sopra delle parti? L’idea stessa di un governo, e di governanti, che siano al di sopra di idee e interessi diversi, quindi al di sopra delle parti, tradisce una concesione delle istituzioni che non ha alcun bisogno delle istituzioni. Può oscillarsi fra la teocrazia e l’incarnazione dello stato etico, in ogni caso una simile allucinazione non ha diritto di cittadinanza in alcuna democrazia di questo mondo.
Qui storsi la bocca per il solo esistere di un ministro dedito alle riforme costituzionali. Quella è materia prettamente parlamentare, ben difficilmente sbrigabile da un potere, quello di governo, che non a caso è “esecutivo”. In ogni caso, quando un presunto esperto accetta di entrare in una commissione presieduta da quel ministro è del tutto evidente che si predispone a collaborare con un progetto il cui indirizzo è dato dal governo stesso. Perché se non è capace di capire una simile evidenza si tratta di un soggetto assai presunto e assai poco esperto. Ma la professoressa Urbinati va oltre: in un’intervista dichiara che “in queste condizioni non si può fare un lavoro super partes”. E aridaje con il latinorum. Ma davvero s’era convinta che non solo il ministro, non solo la commissione, ma il suo stesso lavoro sarebbero stati magici frutti al di sopra delle parti? Questa gente crede che essere al di sopra delle parti significhi essere migliori, invece, significa una cosa netta e chiara: essere antidemocratici. In democrazia si è parte, se si hanno idee e interessi. Se si suppone che l’essere parte sia costume inferiore all’essere al di sopra (ma de che?), si è contro la democrazia. Diverso il caso di precisi ruoli istituzionali, in cui chi era parte diventa garante (ad esempio il presidente della Repubblica), o parte non deve mai essere stato e mai essere (ad esempio i giudici, ma si fa per dire e anche un po’ per ridere, visto che sono colleghi di una parte). I membri di commissioni non rientrano in tali categorie.
Prima della Urbinati un’altra professoressa s’era dimessa, una costituzionalista: Lorenza Carlassare. Considerò inaccettabile che un gruppo parlamentare chiedesse la sospensione dei lavori parlamentari. Lei, che del Parlamento non fa parte. Quella sospensione, per il modo in cui fu chiesta, a me parve inopportuna e smodata. E lo dissi. Per il modo in cui si realizzò, invece, fu del tutto normale. In ogni caso, la cattedratica pretendeva che per continuare il proprio lavoro di esperta e saggia il Parlamento rinunciasse alla propria autonomia sul calendario? Sicché le domande sono due. La prima è facile: chi ha scelto gli esperti? Risposta scontata: sono talmente poco al di sopra delle parti che furono scelti su segnalazione dei partiti che compongono la maggioranza. Salvo poi mettersi a giocare al piccolo politicante. Entrambe le professoresse sono impegnate con testate e associazioni che sono parti del nostro dibattito politico, il che è normale, me ne compiaccio, ma abbassino il ditino di chi suppone di stare sopra qualcun altro. La seconda è sconfortante: come sono arrivati alla cattedra? Ci sono storie personali e non ho bisogno di supporre che ci sia stato nulla di men che regolare. Una delle due cattedre, del resto, si trova negli Stati Uniti. Purtroppo è stata ripetutamente regolarizzata la dequalificazione degli studi e più volte scambiate le cattedre per pulpiti. I risultati si vedono.
Pubblicato da Libero