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Esplosivo

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L’arma del debito è puntata contro di noi. Da molto tempo e per nostra responsabilità. Dovendo ora aumentare il debito per comprare armi, ottemperando a un obbligo di sicurezza e corresponsabilità Nato, abbiamo la possibilità di non essere il bersaglio, ma di potere prendere la mira.

Dovendo far crescere la spesa per la difesa dall’1.38% del Prodotto interno lordo ad almeno il 2%, così come stabilito in sede Nato nel 2014, e così come è ora saggio e urgente che sia, perché la guerra che la Russia ha scatenato in Ucraina comporta il trasferimento di armi e lo sguarnirsi degli arsenali, dovendo, quindi, affrontare una spesa che era prevista, ma ora non rinviabile, il ministro della difesa, Guido Crosetto, ha chiesto che quei soldi non siano contabilizzati ai fini del patto di stabilità. Se tale richiesta fosse accolta sarebbe per noi un danno. Dobbiamo chiedere e proporre molto di più.

I celebri e vituperati “parametri europei” non solo sono l’ultimo dei problemi, ma comportano un vantaggio, giacché sono i cardini di una protezione. Più alto è il rischio di speculazione sul debito nazionale, più alto il valore della protezione. Potere fare debiti in deroga a quei parametri non è un privilegio, ma una fregatura, proprio perché aggira la protezione. Di quel debito aggiuntivo non dovremmo discutere con la Commissione Ue, ma dovremmo comunque chiederlo al mercato e adeguatamente remunerarlo. Non c’è alcun vantaggio. Mentre l’aumento delle spese per la difesa è una necessità che risponde ad una preziosa unità europea, che ha un alto valore sia politico che morale. E siccome non siamo una parte del mondo senza produttori di sistemi d’arma e tecnologia d’avanguardia, quel che dovremmo proporre è mettere a sistema quel mondo produttivo, lavorare all’eliminazioni delle sovrapposizioni disfunzionali e alimentarlo con investimenti europei, retti da debito comune. Non sarebbe una furbata per non fare debito italiano, ma una spinta seria alla difesa comune. Che, in ambito Nato, è anche la sola possibile e immaginabile.

Il governo Meloni avrebbe qualche credibilità in più, per proporlo. A partire da tre premesse. 1. In campagna elettorale FdI è stata la sola forza di destra (a parte Azione la sola in generale) ad opporsi agli scostamenti di bilancio, mentre gli altri reclamavano debito aggiuntivo per distribuire quattrini. Come è noto FdI ha trionfato e gli altri tonfato. 2. Ereditati i conti dal governo Draghi s’è posto in coerenza, tanto che nessuno ha potuto seriamente avanzare dubbi di affidabilità e lo spread se ne è stato a cuccia. 3. È stato capace di due scelte coraggiose e giuste: a. cancellare la sospensione delle accise sui carburanti (salvo pasticciare nel decreto); b. cancellare lo sconto in fattura e la cessione del credito di quella roba allucinante con denominazione circense, ovvero il “superbonus 110%”.

Naturale che avrebbero accusato il governo del caro carburanti, anche se i prezzi calavano. Naturale che ora si paventi la morte del mercato edilizio, che dopo essere stato a lungo drogato non potrà non avere una crisi d’astinenza. (Dei 372.303 cantieri aperti solo 51.247 sono relativi a condomini e di 65.2 miliardi di investimento ammessi solo 30.4 riguardano condomini, il resto sono ville ed edifici unifamiliari, quindi gli immobili che se ne sono giovati sono pochi e moltissimi a favore di soggetti che avrebbero potuto spendere da soli, invece si sono usati soldi del contribuente e alimentato l’inflazione favorendo la crescita dei prezzi). Queste cose il governo ha avuto il coraggio di farle e ciò rende credibile la proposta cui si faceva cenno, non intestandola a chi sa solo spendere soldi che non ha.

Il “dettaglio” è che sia la difesa europea che il debito condiviso rispondono ai nostri interessi, ma sono anche potenti vettori di maggiore e indissolubile unità europea. Sarebbe interessante, sarebbe esplosivo e rigenerativo veder realizzare questo disegno da chi lo avversò. Ma Brexit è lì a dimostrare quanto fosse folle.

Davide Giacalone, La Ragione 18 febbraio 2023

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