Politica

EuroBergoglio

Le parole di Bergoglio, sull’Europa, non stupiscono. Semmai impensieriscono tanti commenti senza spirito critico, tanti applausi senza pensiero, tanta voglia di non valutare le sue esatte parole, ma quel che si suppone dovrebbero voler dire. Fosse questione di fede mi asterrei, da rispettoso estraneo alla materia, ma sono questioni politiche. Meritevoli di attenzione. In particolare cinque, fra le cose che ha detto.

1. Si è chiesto: cosa ti è successo, Europa, madre dei diritti umani? E’ successo che quei diritti si sono affermati dopo secolari guerre e continue battaglie contro gli assolutismi. Statuali e religiosi. La chiesa cattolica non fu certo paladina della libertà di culto. L’Europa che ne è risultata, madre dei diritti, non è una società che ammette tutte le culture, per niente, è in sé una cultura che si basa sul diritto e la convivenza. A patto, naturalmente, che nessuna delle componenti voglia annientare le altre. E’ successo che questa fantastica costruzione, che è lo Stato laico, s’è trovata a fare i conti non con i musulmani (a proposito: buon lavoro al nuovo sindaco di Londra, democraticamente eletto, nonché incarnazione che solo uscendo da sé medesimi si può non fare i conti con le diverse fedi), ma con un fondamentalismo islamico fanatico, terrorista e annientatore. S’è trovata la guerra in casa ed ha il dovere di vincerla. Certo: senza tradire sé stessa. Ed è successo che i diritti di un tempo erano di parole e di fede, quindi gratis, mentre molti dei diritti di oggi sono tutele economiche, quindi costosi. E non si può pagare solo a debito.

2. Sogno, ha detto Bergoglio, una terra dove migrare non è delitto. Da noi non lo è. L’Unione europea è piena di emigrati (con la “e”, perché “migranti” è una truffa semantica). Alcuni capi di governo sono emigranti o discendenti di emigranti. Da noi è proibito farlo clandestinamente, violando le leggi. Ma se non fosse proibito l’avremmo scannata, quella madre dei diritti, perché non potrebbe mai sopravvivere alla negazione del diritto. Certo, le politiche dell’immigrazione vanno riviste, le frontiere esterne controllate, per evitare di sclerotizzare quelle interne. Certo, l’idea che un Parlamento (quello inglese) voti contro l’ingresso di tremila bambini soli crea disgusto. Ma anche quella è una perversa conseguenza della svagatezza con cui s’è fatto credere che le frontiere possano non esistere. Lo stesso Bergoglio, del resto, ha portato con sé dodici emigranti, dalla Grecia, ma ai suoi portoni bloccano tutti gli altri. Né potrebbe essere diversamente. L’equivoco è cresciuto al punto da sognare quel che siamo, segno che ci se ne è dimenticati.

3. La cultura del dialogo, ha detto, dovrebbe essere insegnata a scuola. Giusto. Dialogare, però, significa essere capaci di cambiare. Noi, ma anche gli altri. Ieri dialogammo con le forze comuniste, ma avvertendo che da noi non avrebbero mai potuto dominare, perché sarebbe stata la fine della libertà. La storia le ha sconfitte, evviva. Oggi dialoghiamo volentieri con tutte le culture, ma da noi infibulare una bambina porta in galera, non a discuterne. Supporre che una donna valga meno di un uomo non è per noi accettabile. Passi per la fede, ma non per la legge civile. Dialoghiamo, spieghiamo, ma non cediamo, altrimenti la madre dei diritti diventa la matrigna della sopraffazione.

4. Va sempre bene cercare “nuovi modelli economici”, ma ricordando che il nostro ha un miliardo di difetti, ma ha creato tanta ricchezza e immenso benessere. Sconosciuti nel passato e altrove. Bergoglio non dica che da noi i giovani scappano, perché non trovano lavoro: si muovono, spesso all’interno dell’Ue, ed è un bene. Piuttosto ci sono moltitudini che chiedono di entrare, masse di giovani che vorrebbero costruire qui la loro vita. Sono masochisti? No, sono razionali: in nessun altro posto c’è altrettanta libertà, sicurezza e benessere. Capisco che la lamentazione è la sola musica ammessa nella scena collettiva, ma cerchiamo di non renderci ridicoli, nel negare la solare evidenza.

5. Nessuno ha voluto riprendere o commentare la condanna pontificia del denaro dato in prestito in cambio di un interesse. Capisco, è imbarazzante. So che è un pregiudizio figlio di tanta cultura religiosa, cristiana come islamica. Ma è fuori dal mondo. L’Europa ricca e madre dei diritti s’è costruita anche facendo la banca e non identificandola con l’usura. Magari, come nel quadro di Quentin Metsys (e tanti altri), il banchiere conta i soldi e la moglie legge penitenzialmente le sacre scritture. Tante banche, nel mondo, hanno nel nome l’origine cristiana. Ripiombare nel passato non è un modo per costruire equità, ma per distruggere benessere.

Siamo figli di una storia che ha sconfitto assolutismi e integralismi, o allucinazioni raziali si “sangue e terra”. Siamo l’imperfetto frutto del diritto a crescere, in libertà e ricchezza. Abbiamo tanti difetti, ma minuzie, rispetto alla miseria, morale e materiale, che altrove non s’è (ancora) riusciti a debellare.

Pubblicato da Libero

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