Politica

Europreda

La manovra economica presentata dal governo sarà approvata subito, con pochi emendamenti. A questo risultato si giungerà grazie all’appello del Presidente della Repubblica e alla conseguente acquiescenza dell’opposizione. Peccato che servirà a poco. E’ inutile strologare su quel che in quella manovra c’è, o non c’è, sta di fatto che gli speculatori potranno non tenerne conto, e si placheranno per poi ripartire. La ragione del loro esistere non sono i nostri guai, ma quelli europei. Ciò che spinge la speculazione non è la debolezza dell’Italia, ma dell’euro.

Ho visto, con divertito raccapriccio, che la telefonata della signora Merkel è stata raccontata come un monito e un aiuto. E’ considerata una fonte superiore, un esempio da seguire. Invece la colpa di quel che accade è in gran parte dei tedeschi, che si sono dimostrati incapaci di leggere il significato politico degli attacchi all’euro e troppo presi dal trarne vantaggio per sé. Lo vedemmo e descrivemmo, sicché oggi non mi stupisce punto la situazione che si è creata. La colpa degli altri, compreso il nostro governo, è non avere puntato i piedi.

Il difetto strutturale dell’euro è di essere una moneta unica che federa debiti nazionali diversi, collocati a diversi tassi d’interesse. In condizioni normali ciò costituisce un onere per chi paga interessi più alti. In condizioni patologiche, come quelle creatisi dopo l’esplosione dei debiti sovrani, seguiti alla spesa pubblica per uscire dalla recessione, i differenziali diventano ingestibili e chi paga tassi alti va in bancarotta. Per evitarla gli altri devono intervenire, prestando soldi a chi già non può restituirli. Quel che tutti chiamano “speculazione” non è altro che il tentativo di guadagnare grazie a questo difetto. Ed è qui che sono stati commessi errori imperdonabili.

Nel caso della Grecia si doveva scegliere: o la si lasciava fallire, il che significa uscire dall’euro e svalutare, accettando inflazione più alta, oppure la si salvava, federalizzando il debito e vincolandone le scelte politiche. I teschi hanno voluto salvare le proprie banche, già salvate con i soldi dei contribuenti e piene zeppe di titoli greci (grazie ai quali guadagnavano su quello stesso debito che poi denunciano), ma non la Grecia. Non contenti di questo s’è detto che solo dal 2014 l’Unione Europea sarà dotata di un fondo dedicato al salvataggio dei debitori in difficoltà. A parte il fatto che quel fondo non salva gli Stati, ma l’euro, annunciarne l’entrata in vigore ritardata equivale a dire che fino a quel giorno le danze speculative sono aperte. Ed eccoci serviti.

Angela Markel ha commesso questa collana d’errori per far vedere che difendeva gli interessi dei tedeschi, e delle loro banche, nella speranza (più che legittima) di vincere le elezioni. Le ha pure perse.

Detto questo, e ribadito che la soluzione del problema sarà europea o non sarà, che i debiti sovrani o saranno federalizzati o porteranno a fondo l’euro, guardiamo anche in casa nostra. Il tentativo di usare la crisi per regolare i conti politici, come se in momenti di pericolo si debba evitare che al governo ci sia chi ha vinto le elezioni, è parte stessa della nostra storia nazionale. La peggiore. Obama offre un patto ai repubblicani, mica al capo dell’opposizione di prendere il suo posto. Ma ancora venerdì scorso il presidente del Consiglio dimostrava di non avere sentore della tempesta che si preparava, spendendo parole pesanti all’indirizzo del ministro dell’economia. Il quale, a sua volta, può anche pensare di resistere senza parlare, facendo finta di non leggere che parte della gestione del suo ministero sarebbe finita in mani pessime, ma farebbe meglio ad accorgersi che il tempo si sta consumando. Molto in fretta. Se ha da dire, dica. O taccia altrove.

La manovra è normale amministrazione nel riallineare i conti alle scadenze e ai vincoli europei. Senza particolare lode, né rimarchevole infamia. Tolto l’obbrobrio di una delega che sconfina nella prossima legislatura, va bene. Ma non va da nessuna parte. Il punto è: siamo stati bravi con il deficit (il merito è di Tremonti e di questo governo), ma dobbiamo mettere mano al debito. Subito. Se non corriamo finiremo con l’esservi costretti, in emergenza e con misure depressive. I conti li ho già fatti altre volte, così come le proposte per tagli virtuosi della spesa, per la sua riqualificazione pro sviluppo e per una patrimoniale su base volontaria e con contropartita fiscale. Possono non convincere e non piacere, ma l’inerzia porterà a muoversi quando sarà più doloroso e più dispendioso. Chi governa vede le stesse cose che vede chi specula. Il secondo vince solo se il primo è incapace, voi per colpa propria o altrui. Non cambia poi molto.

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