Politica

Eurosfide

Per qualche milione di volte è stato ripetuto che la moneta europea ha bisogno di un governo europeo, che l’integrazione monetaria s’era spinta troppo avanti, rispetto a quella politica. Constatazione corretta, che sarebbe bene corroborare con un po’ di studio della storia. Altrimenti si vive solo in un presente irreale. I tedeschi ora propongono di portare l’esame dei bilanci pubblici in una sede più politica. C’è chi dice l’Ecofin (i ministri finanziari), chi l’Eurogruppo (i capi di governo). Prima di scartarla sarà il caso di discuterla. Dobbiamo chiedere di più, non di restare dove siamo.

Francamente non provo dolore per l’eventuale amputazione della Commissione europea. Quella non è un governo europeo. Poteva funzionare nella marcia verso la maggiore integrazione, ma non funziona nel dominare le variabili politiche ed economiche. Capisco quel che propone Romano Prodi, ovvero un asse con i francesi allo scopo di difendere le prerogative dalla Commissione, ma osservo che i francesi l’asse lo fanno con i tedeschi, per difendere le loro banche, mentre la Commissione è stata silente nel mentre l’Unione viveva la sua crisi peggiore. Dopo anni passati a lamentarsi per la gestione parametrale e la scarsa rappresentatività, insomma, non mi pare una trincea solida e promettente, quella a difesa dei commissari.

La proposta tedesca va affrontata, non elusa. Bene l’idea di una sede più politica, ma attenzione: se dovesse funzionare con la regola del consenso riconsegnerebbe l’Unione all’immobilismo pre Bce di Draghi; se dovesse funzionare a maggioranza equivarrebbe alla perdita asimmetrica di sovranità. E non solo non va bene, ma sembra la formula perfetta per far saltare tutto.

Per evitare malintesi sarà bene non indulgere con i miti, a cominciare da quello secondo cui i contribuenti tedeschi sono minacciati dal rischio di dovere finanziare quelli altrui. Non è così, perché proprio in tema di rischio sui debiti sovrani sono i contribuenti italiani ad avere salvato le banche tedesche, trasferendo ricchezza ai greci. Senza quella trasfusione le più grandi banche tedesche e francesi o andavano per aria o sarebbero costate assai di più ai loro contribuenti. Se dovessimo applicare a quel caso la teoria della perdita asimmetrica di sovranità, dovremmo chiedere di esercitare potere sul sistema bancario teutonico. Calma, quindi (anche nel credere che i tedeschi abbiano solo preso, perché sono stati i più bravi e seri nell’adeguarsi all’euro e nel fare le riforme necessarie).

Portare l’esame dei bilanci più vicino alla politica, ripeto, è un bene. Pensare di farlo, come sembrano sostenere i tedeschi, per esercitare potere collettivo sui singoli, invece, è un male. Un esempio di come si possa fare, positivamente, lo abbiamo: la Banca centrale europea. Oltre tutto i tedeschi dovrebbero avere l’onestà intellettuale di riconoscere che quello cui si sono tenacemente opposti ha dato frutti positivi, anche per loro (li vorrei vedere, davanti alla svalutazione cinese, senza l’espansione monetaria e la precedente svalutazione della Bce). Il guaio è che la Bce ha agito (bene) con piglio politico, senza essere una sede politica. Semmai l’opposto, visto che è una banca. Ha funzionato perché oltre a rilevare il problema (drammatica divaricazione dei tassi d’interesse e recessione in vaste aree) ha praticato la soluzione (scudo contro la speculazione, aiuti mirati, espansione quantitativa). Avrebbe potuto farlo prima, ma lo ha fatto.

La sfida, allora, è quella di portare analogo spirito in una sede politica. I tedeschi vanno affrontati su questo terreno: cediamo tutti sovranità, creiamo debito federale, usiamolo per affrontare le crisi e correggere gli squilibri. Non commettiamo l’errore, insito nella proposta tedesca, di passare la gestione da un falso politico (la Commissione) a un falso tecnico (organo indipendente che vorrebbero creare). Serve condividere i dati e scegliere assieme le politiche, di tutti per tutti. Questa è la maggiore integrazione politica, cui i francesi si sono ripetutamente e ingiustamente opposti. Sarebbe curioso assai se, dopo avere rimproverato ai tedeschi un uso contundente e ragionieristico dei trattati, li si volesse dannare ora che propongono di cambiarli. Non è sul “se” cambiarli, che si deve discutere, ma sul “come”. Cercare alleanze per conservare l’esistente non è saggio, dato che l’esistente non solo non merita d’essere conservato, ma è già in gran parte inesistente.

Pubblicato da Libero

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