Politica

Faide e giustizialismo

La politica che non riesce ad animare il Parlamento, divenuto votificio silente o palude per agguati, finisce con il travagliare i partiti. La legislatura è iniziata con la proclamazione di due “partiti unici”, non è neanche a metà che già sono naufragati sulle candidature alle regionali e sono precipitati nella concitazione delle faide interne. In questa situazione l’opposizione tende a perdere la capacità di rinnovarsi e preparare una proposta alternativa, per la prossima legislatura, ma la maggioranza rischia di perdere la capacità di governare, e d’essere tale.

Silvio Berlusconi dice che, dopo le elezioni regionali, cambierà tutto. Programma generoso, ma anche pericoloso. Quando un partito è roso dagli scontri interni è bene che il leader dia un sonoro colpo di frusta, non che lo annunci. Le parole potrebbero ottenere l’effetto opposto: il tempo stringe, il regolamento dei conti deve farsi subito. E c’è un’altra difficoltà: le elezioni regionali si prospettavano come un trionfo, per il centro destra, ora, invece, sono divenute la data dopo la quale tutto deve cambiare. In tutti i casi, solo se le cose vanno male, o se le cose vanno particolarmente bene dove i candidati di punta sono della Lega? Perché queste saranno le tre chiavi di lettura del risultato elettorale, subito dopo il conteggio di quante regioni la sinistra è riuscita a salvare.

Le faide, inoltre, sono solo in parte fisiologiche, ma per il resto frutto di due caratteristiche genetiche: la prima relativa al fatto che “qui si prendono i voti, non si fa politica”, la seconda la si deve alle mille realtà territoriali dove i partiti confluenti non si sono affatto sciolti, e mentre i vecchi di Alleanza Nazionale succhiano il sangue interno, erodendo posizioni, quelli della Lega risucchiano la ruota dei consensi. Naturale che gli ex di Forza Italia si sentano a disagio.

Quando la politica esce dalla finestra il portone si spalanca alla rappresentanza degli interessi materiali, che sono anche legittimi, se trasparenti. Ma la trasparenza è un optional, sicché il sano scontro fra lobbies diventa un’infetta guerra fra gruppi. La conseguenza l’avete davanti agli occhi, non c’è bisogno la descriva. E quando la politica va in vacanza si mette al lavoro il giustizialismo, terreno sul quale il gioco al rilancio è quanto meno azzardato. Anche qui, osservate quel che succede: un’inchiesta giudiziaria svela più un malcostume che dei reati (almeno fin qui, il resto lo vedranno i tribunali); i cittadini non ne godono, ma quando pensano agli effetti della crisi passano direttamente a soffrirne; a questo punto i politici capiscono che ci vuole un segnale, e proclamano che i corrotti devono essere buttati fuori. Zacchete, e le ganasce della trappola si chiudono. Perché il problema è proprio quello: chi sono i corrotti?

Se sono gli indagati, siamo al dipietrismo più puro, vale a dire più zozzo. Se sono gli imputati, peggio mi sento. Se sono i condannati, allora ci vuol poco, perché è facile metterli fuori, ma è difficile disporne, perché la giustizia non funziona e non li condanna. Allora si grida: pene più alte! Peggio che andar di notte, perché l’unico effetto delle pene più alte è la prescrizione più lunga, quindi più tempo per i processi. Ma questa, non era la maggioranza che voleva accorciarli?

Dopo di che, capita l’inevitabile: uno degli indagati merita la solidarietà del partito, o, almeno, del suo capo, che la fornisce con determinazione. Giusto. Ma non tornano i conti. O, meglio, tornano eccome, ma solo ragionando politicamente: una cosa è la condanna penale, che spetta solo ai tribunali e che non esiste finché non è definitiva, altra quella politica, che spetta prima ai partiti e poi agli elettori. Ciò comporta che ciascun partito è responsabile della classe dirigente che genera. E qui si torna al punto di partenza, perché se si scelgono solo quelli che non scrivono e non parlano, di modo che non siano colti dalla tentazione di dissentire, quelli occupano il tempo sfidandosi su altri terreni. S’inzaccherano, e schizzano tutt’intorno.

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