Dapprima vien da ridere, poi ci si accorge che la questione ha risvolti seri. Non lo avessi sentito non ci avrei creduto, ma la linea difensiva dei parlamentari grillini, circa l’assunzione di familiari come assistenti parlamentari, consiste nel dire: non sono familiari entro il quarto grado, quindi non si viola alcuna norma regolamentare. Per forza, sono stati assunti congiunti di “compagni”, che non è una qualifica politica, ma la condizione del non sposato. Fidanzato o convivente che sia. Della serie: anche gli ortotteri tengono famiglia. Il fatto che sia allargata, però, sembra ampliare, anziché risolvere il problema. Se è ridicolo il modo in cui si sono difesi (avrebbero fatto meglio a dire: la cosa è venuta fuori in un nostro dibattito interno, vi faremo sapere), ancor più ridicoli sono taluni dei pulpiti dai quali si pretende di far loro la morale. Con il finanziamento ai partiti e ai loro giornali ci sono capibastone, anche ex moralisti d’accatto, che hanno comprato case e sistemato generazioni di congiunti. Non c’è Tommaso Aniello che resista, come anche la storia di Umberto Bossi dimostra: si entra in scena volendo punire il peccato e ci si resta peccando con gusto. Quello dei frinenti, al momento, è veniale assai.
Eppure è proprio la loro posizione politica che aiuta a capire quanto la faccenda sia interessante. Una parlamentare sotto accusa, la senatrice Barbara Lezzi (ha assunto la figlia del compagno), ha detto che non si tratta di nepotismo: “vale se dovesse gestire il pubblico, ma in questo caso deve gestire le mie cose”. Ha ragione, a parte lo sfregio alla coniugazione dei verbi. Il parlamentare ha a disposizione 4mila euro per pagare persone che lo aiutino nel suo lavoro, ed è del tutto ovvio che devono essere di sua fiducia. In quanto tali non possono essere sottoposti a criteri troppo restrittivi. Il ragionamento dovrebbe essere: prendi come assistente una capra, o un capro, perché gli vuoi bene, ti piace, o glielo devi? Peggio per te, dato che un altro parlamentare prenderà come assistente un soggetto altamente qualificato e capace, grazie al quale farà un lavoro migliore del tuo. Dovrebbe essere così, se non fosse che gli elettori non eleggono i singoli parlamentari; i partiti politici non esistono, sicché non esiste selezione per merito; e nessuno sa cosa cavolo fanno i parlamentari, perché le cronache politiche riferiscono degli scucuzzamenti, ma mai del lavoro.
Già questo sarebbe un bel problema, ma proprio la teoria grillesca lo complica. Essi, difatti, sostengono che il parlamentare non è un parlamentare, con tanti saluti al mandato senza vincolo, ma il portavoce del popolo (nel cui nome si perpetrarono i peggiori misfatti, in tutte le lingue), il quale popolo fissa l’indirizzo mediante una piattaforma telematica (che sembra l’esaltazione, invece è la negazione della democrazia). Bon, se passa questa tesi, scusate, che ci fate con gli assistenti? Fermi, non vi accalcate, conosco a memoria la vostra risposta: i partitacci di un tempo li usarono per amministrare il clientelismo, i partitanti più recenti ci pagarono squinzi e squinzie, noi prendiamo cittadini per servire il popolo. Grazie, ma il problema è: perché devo continuare a pagare il figlio della compagna? sol perché altri pagarono il cugino del camerata o la nipotina della parrocchietta? Non basta.
Quei costi è bene che si paghino, perché sono i costi della democrazia. Il guaio è che quei costi sono consustanziali al parlamentarismo e il parlamentarismo funziona con i partiti. Noi abbiamo distrutto i partiti ed eletto soggetti antiparlamentari. In tale condizioni ci vuole niente per confondere la malattia con il malato, sopprimendo la democrazia per rimediare al trasformismo inconcludente e parolaio. E ci vuole niente, come già capita, per trasformare i grilli in cicale. Il che conferma quel che vedemmo per tempo: tale fenomeno non è il rimedio, ma la conseguenza del malanno che ha colpito la democrazia. E confermo quel che scrivemmo prima di vederli esplodere: meglio che esistano, giacché il male peggiore è quello che non ha sintomi fastidiosi, sicché ti secca nel mentre ti distrai.
Pubblicato da Libero