Politica

Fantasma elettorale

La riforma del sistema elettorale, con tanta animazione dibattuta, ha una singolare caratteristica: forse non si applicherà mai, comunque non con i partiti oggi esistenti. Inoltre sembra che nessuno avverta quel che credo sia il problema più grosso: una legge di quel tipo presuppone partiti politici che non sono quelli descritti dall’articolo 49 della Costituzione.

Una clausola posticipatoria fa sì che se anche il nuovo sistema elettorale fosse approvato domani mattina, comunque non entrerebbe in vigore prima del luglio 2016. Ciò sulla base del fatto che non potrebbe funzionare con due Camere e che, quindi, non si può che collocarlo dopo la riforma costituzionale. Facciamo finta di non vedere i due elefanti che, così, s’accomodano nella cristalleria costituzionale: a. in questo modo si ipoteca la riforma costituzionale stessa, perché il Parlamento non sarebbe più libero di modularla in modo diverso; b. si crea un tempo di nessuno, in cui la nuova legge è approvata, ma non vigente, comunque non operante. Possiamo pure far finta di non accorgercene. Difficile, però, far finta che non esista la realtà.

E la realtà è che, non potendo usarlo prima della seconda metà del 2016, quindi, ragionevolmente, fino alla primavera del 2017, la maggioranza di governo dovrebbe reggere fino a quel giorno. Ma quale maggioranza? Quella che, fin qui, ha votato la fiducia al governo o quella che serve per la riforma costituzionale, così come anche per la riforma elettorale in questione? Perché non sono solo diverse, ma anche in contrasto. Inoltre, mentre i tempi della politica possono allungarsi a piacimento, tanto agiscono sull’inattuale e, per molti aspetti, sul superfluo, quelli dell’economia tendono ad andare per i fatti loro. E sono assai più brevi.

In altre parole: si lascia l’economia sgovernata, oppure si prende atto che il nazareno va allargato anche alle cose immediate e reali (come sostengo fin dal primo giorno)? Se tale allargamento non lo si vuole, allora qualcuno spieghi come si può governare. Con il pericolo enorme di perdere le occasioni propiziate dalla Banca centrale europea, così come s’è perso il tempo che la Bce ha comprato placando la speculazione sui debiti sovrani. Se, invece, lo si vuole, qualcuno spieghi come possono reggerlo due partiti, il Pd e Forza Italia, al cui interno ci sono componenti che vi si oppongono strenuamente. Quindi: o quei due partiti si avviano a simmetriche spaccature e scissioni; oppure si va alle elezioni prima che esplodano. Nel secondo caso, si vota con il proporzionale, così come delineato dalla sentenza della Corte costituzionale, eleggendo un Parlamento che poi cambierà la riforma restata fantasma. Nel primo, all’appuntamento con il nuovo sistema elettorale giungeranno partiti diversi da quelli odierni.

A tal proposito: la nostra Costituzione, pur restando lettera morta, all’articolo 39 stabilisce che i sindacati debbano essere registrati e dotati di statuti che assicurino la democrazia interna, mentre i partiti, di cui al 49, no. Come mai? Per due ragioni: primo, perché uscivamo dal fascismo e l’idea di regolare la vita interna dei partiti era una bestemmia; secondo, perché con il sistema proporzionale e le preferenze gli elettori avevano comunque la possibilità non solo di votare anche partiti piccoli, ma di scegliere i parlamentari. Con il nuovo sistema elettorale perdono queste possibilità (già compromesse da tempo), il che rende stridente, per non dire inaccettabile, la gestione personalistica e non democratica dei partiti. A sinistra hanno inventato la finzione delle primarie, che vedemmo fin da subito (Prodi) come una campagna propagandistica, non sottoposta ad alcuna regola e prive di garanzie. Come volevasi dimostrare, in Liguria e altrove. A destra manco quelle, così si evita la sceneggiata taroccata. Ma, allora, sulla base di quale legittimità scelgono i parlamentari?

Si può rispondere: sulla base dei consensi che raccolgono. Ma in un sistema siffatto gli elettori sono ostaggio dei partiti, anziché i partiti essere nelle mani degli elettori. Il risultato di un simile assetto è e sarà la graduale esternalizzazione del conflitto, passando per la crescita dell’astensione. Un processo di decomposizione democratica.

Poi, per carità, si può anche sostenere che se hai la maggioranza in Parlamento, sebbene non quella votata dagli italiani, puoi fare quello che ti pare. Peccato non si conoscano democrazie sopravvissute a un cotale approccio.

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