Politica

Fischiare, a Bologna

Oggi, a Bologna, il governo merita d’essere fischiato. Non “questo” governo, che non c’entra nulla, ma “il” governo della Repubblica. Non merita i fischi la magistratura, perché la sentenza relativa alla strage del 2 agosto 1980 è sbagliata, ma, da una parte, l’errore giudiziario è ineliminabile, dall’altra in quell’errore i giudici sono stati indotti, non so quanto consapevoli. I fischi sarebbero ben spesi, se indirizzati all’aver taciuto innanzi alla condanna d’innocenti (colpevoli per altri, gravissimi reati), e se rivolti a quel pensiero moscio che confonde il rispetto nell’esecuzione delle sentenze con il rispetto per quel che c’è scritto.
Cossiga ha detto chiaramente che a Bologna esplosero bombe palestinesi. Forse per errore, o forse perché taluni ritenevano le autorità italiane avessero violato l’accordo con l’organizzazione di Arafat, quello che Cossiga chiama il “lodo Moro”. Il senso era: sul nostro territorio fate i vostri traffici, noi non vi disturbiamo, ma evitare di sparare e far saltare in aria la gente. Lo stesso Cossiga ricorda che quando la polizia sequestrò a Pifano un missile (dicasi un missile), l’Olp si arrabbiò: quella è roba nostra. Dunque i vertici della Repubblica erano consapevoli che le cose stavano diversamente, e meritano i fischi non per aver taciuto, giacché il segreto può essere funzionale alla sicurezza, ma per aver lasciato che la menzogna divenisse storia.
In quanto alle sentenze, è chiaro che il loro dispositivo deve essere eseguito in ogni caso. Un condannato va in galera, anche se innocente. Ma non è affatto vero che si debba rispettarle e non si possa dire che sono radicalmente sbagliate. Questa forma d’idolatria giudiziaria è un sintomo d’immaturità democratica ed ignoranza istituzionale. Così come il concetto di “delegittimazione” è l’alimento della viltà. La storia è piena di sentenze sbagliate, che non solo i posteri, ma i contemporanei denunciarono, giustamente, come tali.
Se, invece, la piazza bolognese d’oggi vuol fischiare il governo, l’attuale, per il “lodo Alfano” o per qualche altra cosa che con la strage non c’entra un fico secco, sarà la triste, e non nuova, dimostrazione che la faziosità politica non si ferma neanche innanzi al rispetto della memoria collettiva, senza la quale non si onora quella dei morti.

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