Politica

Flop reali e immaginari

Se tutti i flop quotassero il 20 per cento dei voti conosco molti che vorrebbero far flop come gli ortotteri. Il successo del Movimento 5 Stelle ha come propellente la sboccata condanna dell’esistente. E’ un coagulo di rabbie e rigetti, tenuto assieme da un capo che fa finta di non fare il capo, ma è talmente capo che tutti gli altri gli devono tutto. Non so quanti abbiamo mai creduto alle formule vuote, degne dell’introversione lessicale democristiana, del tipo “movimento orizzontale”. I creduloni si meritano quello in cui credono, ma la sostanza è che dalla giustizia all’immigrazione, dal lavoro al fisco, tutti quegli elettori stanno assieme e si sommano a patto di ritrovarsi nella condanna degli altri, che se si dovessero intruppare dietro proposte precise scioglierebbero le righe immantinente. Questo era e questo è, il raggruppamento frinente. Osservare che s’è ammosciato, puntualizzando che potrebbero essere al 19% dei consensi, è come sentir dei micioni che osservano il leone non avere più il ruggito d’un tempo.

Mi spingo oltre: va anche bene che esistano, perché rendono chiaro quanto forte è il malessere e la paura di una larga fetta d’Italia, portando ancora quei voti a essere contabilizzati in Parlamento. Il guaio vero, per la democrazia, non è quando si votano gli sfasciacarrozze, ma quando si sfasciano le urne. Posto ciò, il problema più serio di Beppe Grillo e compagnia imprecante mi pare sia un altro: già alle europee sono stati e sempre più significativamente si candidano a essere il migliore motivo per votare Matteo Renzi. Non il Partito democratico, ma Renzi. Ovvero un catalizzatore elettorale diverso e opposto, utile a rassicurare chi s’è messo paura, ma non trova spiritoso tradurla in demolizione dell’esistente.

Da questo punto di vista è esemplare l’idea della legge d’iniziativa popolare per uscire dall’euro. Perché la posizione originaria del movimento era diversa: vogliamo che la gente voti sulla moneta, ma non diciamo se per noi è preferibile restare o andare. Era una posizione insensata anche quella, né sollevo una questione di coerenza, irrilevante alla luce di quanto scritto all’inizio. Ma lo schierarsi contro l’euro li porta a far concorrenza a Matteo Salvini e alla sua Lega (la sua, perché quella di Bossi sosteneva il ministro dell’economia che all’euro intestò molte scelte di bilancio), il che forse, è un obiettivo piccinino, per chi voleva essere il primo partito. Credo sia il segno che anche con le sparate siamo al capolinea, quindi si prova a cavalcare un luogocomunismo qualunquista dal quale il Grillo mattatore s’era distinto. Il che, però, pone una questione seria al centro destra. E’ lì che si trova il problema politico, perché se a far argine al moto intestinale lasciano che sia solo Renzi, magari con le quattro cosette facili del futuro, della pace e del sol dell’avvenire, si vede che hanno deciso di regalargli tutta la politica.

Un centro destra degno di questo nome dovrebbe insorgere e dire: volete uscire per poi svalutare? Giammai, perché questo demolisce il valore del risparmio e pialla il reddito dei pensionati. Volete che l’Italia gestisca da sola il proprio debito, in una gara al rialzo fra costo nominale, pressione fiscale e svalutazione? Scordatevelo, perché questo uccide l’impresa e ci consegna a una deriva africana. Solo che, per sostenerlo, dovrebbero anche articolare un pensiero circa il modo in cui si rimane e, quindi, si affronta il conflitto con l’egemonismo tedesco, su come si abbatte il debito, su come si taglia la spesa e sul perché non lo si è fatto quando si era al governo. In assenza di ciò si lascia la scena a Renzi e all’antagonismo che lo combatte e, al tempo stesso, sorregge. Possono festeggiare entrambe. Meno gli italiani.

Non è Grillo che fa flop. Frinisce come sempre. E’ il vuoto culturale e politico in cui si muove, l’assenza di forze moderate apprezzabili e capaci di puntare alla vittoria, che suggerisce l’ipotesi di un ben più preoccupante flop.

Pubblicato da Libero

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