Politica

Frinire a perdere

Le elezioni amministrative s’avvicinano. A guardare la scena, al momento, non si sfugge alla sensazione che il movimento frinente stia facendo di tutto per perderle. Magari cercando di continuare a contare senza essere costretti a governare. Supporre che Beppe Grillo guardi con distacco alle elezioni amministrative, giacché la loro natura favorisce maggiori vincoli nell’elettorato, minore convenienza a usare la libertà di movimento, significa dimenticare che è proprio in sede amministrativa che gli ortotteri iniziarono la loro marcia trionfale. Il problema sembra consistere non tanto nel non sapere come continuarla, ma nel non sapere dove portarla.

Nelle tre grandi città che andranno al voto i pentastellati avevano ed hanno ottime possibilità di arrivare al ballottaggio, sicché puntare alla vittoria, a patto, però, che provino a presentare un candidato. La loro classe dirigente è ancora fluida, me ne rendo conto, ma alcuni di loro hanno già dimostrato (al di là del fatto che se ne condividano o meno le tesi) di sapere padroneggiare la comunicazione e di non lasciarsi ingabbiare nel politichese. Posto che risparmiarli, in attesa di prendere il governo nazionale, equivale a tenerli eternamente in attesa, talché anche la camicia di Di Maio potrebbe sgualcirsi, lanciarli alla guida delle metropoli sarebbe un bel viatico di affidabilità. Ma non accade. Il che, inevitabilmente, riporta la mente ai comuni già conquistati, con risultati successivi tutt’altro che confortanti.

Roma va al voto con un tessuto politico devastato. Napoli mostra sfilacciata la politica, ma anche tutto il resto. Milano è messa meglio, ma ciascuno cerca il candidato che meno ricordi l’identità politica di chi lo candida. Lo spazio c’è, per piazzare persone che si rivolgano sia agli esclusi che ai delusi. Se non lo si occupa è perché si preferisce evitare il rischio di vincere.

Anche la faccenda dei cinesi, che ieri Grillo, buon ultimo, ha voluto rimproverare alle primarie del Pd, poteva essere usata in modo meno rozzo. In fondo è stato troppo facile rispondergli che le primarie ingrillite raccolgono assai meno persone, che manco le vedi fisicamente. I problemi grossi sono due: a. va bene che le primarie sono manifestazioni senza regole, ma è l’ennesima volta che si vedono in fila persone che non hanno diritti elettorali, un inedito mondiale; b. è fin troppo evidente che il patto è stato fatto con alcuni capoccia che gestiscono le cordate di connazionali, non parlanti l’italiano, in una specie di riproposizione asiatica del caporalato elettorale di marca meridionale e mafiosa. Se un cinese acquisisce la cittadinanza e il voto, evviva. Se va alle urne in mandria e senza avere diritto di voto, assistiamo al concretizzarsi di un contratto di scambio. Così, forse, la faccenda diventa seriamente politica e non vagamente di costume.

Grillo, del resto, era partito (a mio avviso sbagliando) reclamando la cancellazione della libertà dei parlamentari e volendo introdurre il vincolo di mandato, ed è approdato alla “libertà di coscienza”, che non solo sa di naftalina, ma certifica una coscienza a intermittenza, che si attiva solo ove concesso. C’è del serio, ne ho scritto giorni addietro, nella ritrosia a esagerare, e c’è dell’ammirevole nel non avere bucato la soglia oltre la quale si perdono civiltà e legalità. Ma quando si prendono tanti voti e si mette così tanto impegno nel non vincere, sperando solo di contare, qualche spiegazione, almeno ai propri elettori, la si deve pur dare.

Pubblicato da Libero

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