Politica

Fuori dalla storia

Barak Obama viaggiava nel passato, nel mentre il presente esplodeva a Bruxelles. E’ solo una disgraziata coincidenza, ma anche un perfido ghigno della storia. A Cuba una grande democrazia ha reso visita a una anacronistica dittatura. Il presidente Usa ha detto di avere posto fine alla “Guerra Fredda nelle Americhe”. Accipicchia, quasi trenta anni dopo la fine del gelido conflitto fra l’impero sovietico e le democrazie occidentali!

A me pare che accada una cosa più terra terra: si porge una mano contando sul non lontano funerale della famiglia che domina Cuba, i Castro, avendone sterminato la libertà e distrutto l’economia. Dopo di loro i cubani cambieranno macchina e smetteranno d’esserne un museo semovente. Cambieranno musica e la smetteranno di vendere cimeli di idee abusate, nel mentre la prostituzione non conosce distinzioni di sesso. L’apertura statunitense ha un senso, precedendo di un attimo la chiusura di una storia. Scomodare gli antenati è solo retorica. Difendere il diritto al dissenso è camomilla calda nell’arsura tropicale, specie incontrando quanti sono stati scarcerati apposta per andare all’incontro. Adoro la realpolitik, ma a patto che sia reale e politica. Quella cui abbiamo assistito è solo una tappa d’attesa, utile ad aprire l’accesso a capitali statunitensi. Bene, ma poco.

Ma mentre si stringe la mano agli zombie di un’ideologia morta sarà bene non trascurare quella viva, che semina morte. Né ci servirà a nulla ripetere l’ovvio, ovvero che nel nostro mondo si difende la libertà di culto e ripudia ogni discriminazione basata su etnia o religione, se non si aggiungerà che le ideologie dell’annientamento sono nostre nemiche. Non tollerabili. Senza aspettare che si conquistino un posto negli archivi storici. I russi, che non sono certo campioni di libertà e di democrazia, stanno tessendo relazioni in tal senso, recuperando anche il dialogo con Paesi sunniti nostri alleati, ma non per questo innocenti nella diffusione e nel sostegno del fondamentalismo. Quel loro operare e il suggellare la fine di una storia finita, non stanno sullo stesso piano. La bilancia pende a sfavore dell’occidente.

Non ci serve bombardare, per rimetterla in equilibrio, ma ragionare e reagire sì. Nelle democrazie capita di dissentire dai propri governi, o da quelli di altri Paesi liberi. Questo non mi ha mai impedito di considerare Israele l’avamposto del mio mondo e gli Usa la guida dello stesso. E’ solo una coincidenza disgraziata, naturalmente, ma non sarà il profumo della hierba buena a eclissare l’aria pesante di un isolazionismo che spera, sbagliando assai, di tenersi fuori da un quadrante mediorientale e dal conflitto con un’ideologia che può solo essere stroncata. Altrimenti in casa è già entrata.

Pubblicato da Libero

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