Politica

Guerra e diplomazia

Israele sta combattendo anche per nostro conto e nel nostro interesse. Chiedere di cessare il fuoco, ora, significa chiedere che se n’assuma, da sola, le conseguenze negative. E’ paradossale, poi, pretendere che non ci sia un’azione via terra, che costerà agli israeliani vite umane, ma serve a risparmiarne fra i civili palestinesi. Israele colpisce per difendersi, ma anche per chiarire agli iraniani che non si possono aprire fronti dimostrativi di una per niente virtuale guerra all’occidente democratico. Ahmadinejad è spesso considerato pazzo per quello che dice. I pazzi, però, siamo noi che non solo glielo lasciamo dire, ma lo lasciamo fare: sia contro l’opposizione interna, e gli studenti, che contro Israele. E se la maggioranza sunnita del mondo islamico tace è segno che neanche loro tollerano più questa situazione. Né, infine, si può tirare in ballo la questione palestinese, perché da Gaza i palestinesi (dell’ANP) sono stati cacciati via non dagli israeliani, ma da Hamas.
La reazione israeliana s’è scatenata con il consenso dell’interregno statunitense. Il punto sul quale la diplomazia europea (se esistesse) dovrebbe ragionare è: quale situazione si creerà quando (presto) le armi taceranno? L’obiettivo è togliere ad Hamas l’iniziativa militare, non certo quello di conquistare la striscia di Gaza, visto che da lì gli israeliani si erano appena ritirati, con decisione unilaterale e favorendo una pace che Hamas non vuole. Si riparte, quindi, con due punti irrinunciabili: a. negozia solo chi riconosce il diritto all’esistenza di Israele; b. la sicurezza deve essere garantita, per tutti. Sul confine opposto, verso il Libano, questo è il compito di una forza di pace, che schiera i nostri soldati. Si potrebbe procedere in modo analogo. E qui sorge il problema.
In Libano la forza d’interposizione sarebbe dovuta servire a disarmare Hezbollah (gemello di Hamas), perché Israele attaccò ma non li distrusse. Le cose vanno diversamente ed il Libano ne è quotidianamente logorato. Per questo, e giustamente, la condotta israeliana è oggi diversa. Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità, non chiedendo ad altri di morire per noi nel mentre facciamo affari con i signori della morte. C’è spazio per la diplomazia, non per la viltà travestita da furbizia e nutrita d’incoscienza.

Condividi questo articolo