Politica

Ha ragione Francesco Nuca

Ha ragione Francesco Nucara (Voce Repubblicana 9 marzo scorso) a dire che “non siamo a favore della liberalizzazione della droga”. Di qualsiasi droga. Mi è meno chiaro il resto del ragionamento.

Le proposte, in materia, che il Pri ha più volte fatto nel corso di passate legislature (una portava la firma di Olcese, una quella di Pellicanò, una’altra ancora quelle di Mammì e Del Pennino), e che sono state al centro di una lunga e qualificante battaglia, tendevano tutte a evitare il carcere per i tossicodipendenti. All’opposto, invece, le leggi bislacche ed irresponsabili, che marciavano sotto l’egida della “riduzione del danno”, da una parte depenalizzavano i consumi personali, e, dall’altra, mandavano i tossici in galera. Questo perché il consumo di droga si accompagna spesso, quasi sempre, ad una serie di altri comportamenti criminali che, in assenza di leggi sagge, spingono i consumatori verso le celle.
Da questo punto di vista il progetto di legge presentato dal governo può essere considerato insufficiente (giacché non basta una legge, ci vogliono anche le strutture), ma non sbagliato. E mi colpisce la notazione secondo la quale sarebbe incoerente la natura presuntivamente “liberale” del governo, con la proibizione dell’uso della droga. E cosa dovrebbe fare, un governo “liberale”, consentirla? Quello sarebbe un governo liberticida.
Due ulteriori osservazioni. La storia secondo la quale sarebbe il proibizionismo a far ricco il mercato illegale è basata su un assunto tutto sbagliato, sul quale altre volte mi sono soffermato e sul quale tornerò, se se ne sentirà la necessità. In via generale, però, è anche vero che i vincoli urbanistici sono la base normativa sulla quale cresce l’abusivismo e la corruzione dei pubblici funzionari preposti alla vigilanza; non per questo Nucara, impegnato com’è nella difesa dell’ambiente, ne propone l’eliminazione. Ovviamente.
Il parallelo con il tabacco e l’alcol è anche questo avventuroso. Uno dei templi del proibizionismo, San Patrignano, produce dell’ottimo vino, e la mattina i ragazzi possono prendere, se lo vogliono, le loro sigarette. La differenza, fondamentale, non è fra ciò che fa male e ciò che fa bene, ma fra ciò che lascia liberi di scegliere e ciò che elimina questa libertà. La droga rientra in questa seconda categoria.
Anche l’alcolismo è una piaga sociale, con tassi di mortalità elevati, ma non insorge nel giro di qualche bevuta, né può esservi come controindicazione di uno svago saltuario. La droga, invece, qualsiasi droga, induce a veloce dipendenza e porta danno immediato. Questo senza nulla voler togliere, e ci mancherebbe, alla drammaticità dell’alcoldipendenza.
L’idea che esista la droga dei ricchi e quella dei poveri, infine, è terribilmente datata. Non è così: la cocaina miete vittime in tutti gli strati sociali (Pantani non era un indigente), l’eroina rende schiavi senza guardare in tasca, mentre le anfetamine sintetiche rincoglioniscono fin da subito, e senza riguardi alla dichiarazione dei redditi.

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