Il caso dell’ex direttore di Avvenire, quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, non è interessante quanto è divenuto dirompente. Non ne ho tratto, nel merito, né eccitazione né condolente partecipazione, essendo una vicenda misera. Trattengo a stento la rabbia, invece, per il contorno immorale, ipocrita, falso, che
lo ha accompagnato. Per l’incoerenza politica ed il trasformismo senza bussola che s’è visto e rischia di continuare. Ne scrivo, pertanto, in maniera ruvida, senza neanche provare a edulcorare la sgradevolezza.
Il caso fu reso noto da un candidato cattolico alla segreteria del Partito Democratico, Mario Adinolfi. Che è persona seria, ma le cui parole caddero nel vuoto. Da quando il tondo pocherista (partecipa anche a tornei internazionali) lo tirò fuori, però, è da escludersi che alla Cei non ne fossero informati. La notizia riemerse su Panorama, e solo dopo molto tempo giunse su Il Giornale. Nel frattempo il citato direttore s’era messo a fare l’estremista etico, arrivando a pubblicare roba delirante che paragonava i respingimenti dei clandestini alla Shoa (per giunta condannando quanti tacquero e si volsero dall’altra parte, il che dimostra l’incoscienza polemica, visto che scriveva sul giornale dei vescovi).
Solo l’ultima pubblicazione ha fatto scalpore, muovendo un mondo d’insopportabili doppiopesisti, che si son messi anche a cianciare di privacy. Ma come? Avete squartato vivi dei cittadini solo perché indagati in inchieste penali, pubblicando di loro l’indirizzo di casa e il nome dei figli, salvo poi dimenticare di far sapere che sono stati assolti e, pertanto, sono stati smentiti i copisti di procura, che in questo Paese scombinato credono d’essere giornalisti d’inchiesta. Ed ora, che si è di fronte ad una condanna certa, per un reato ammesso, con un risarcimento alla parte lesa in modo da far ritirare la denuncia, ora si dovrebbe tacere, per rispetto della vita privata? Ma credono davvero che qualcuno possa bere una simile cretinata? Ipocriti come sono, per giunta, la gran parte dei giornali sparava il titolone in prima pagina (dopo avere ignorato due volte la notizia), per poi condannare la spettacolarizzazione del caso. Allora, giù la maschera, è d’altro che si sta parlando.
Detto sinteticamente: dopo mesi in cui non si scrive che delle avventure del capo del governo, qualcuno ha puntato il dito dall’altra parte ed ha suggerito che il pulpito da cui giungeva la predica difettava di credenziali. Tecnica che, alla fine, conduce alla solita (im)morale: qui il più pulito ha la rogna. E ce lo meritiamo, tutti, perché questo è il livello cui si è ridotto il dibattito politico. Davvero l’opposizione ha creduto di potere spodestare il presidente del Consiglio, prendendolo dalla cintola in giù. Davvero i suoi difensori possono credere che il destino delle brache altrui funzioni da bilanciamento.
Ne escono a pezzi in molti. Non fa una bella figura la Cei, al netto delle sue diatribe interne. Sapevano ed hanno coperto. Sono omofobi per i fedeli ed omotolleranti per se stessi. Inutile far finta di non capire: la questione dell’omosessualità non c’entra nulla con il procedimento penale, e ci mancherebbe altro, ma c’entra, eccome, con l’insegnamento ecclesiale. La chiesa non condanna gli omosessuali, ma tutte le pratiche sessuali che siano, come dicono loro, “contro natura”, essendo naturale solo il sesso destinato alla riproduzione. Guardino al loro interno, e mettano un po’ d’ordine fra le parole ed i fatti. Ne esce malissimo l’opposizione che, con le voci un tempo definite libertarie, erano lì a recitare il rosario del moralismo senza etica, nella speranza di affondare l’avversario politico grazie a principi che detesterebbero vedere applicati a se stessi. Sono pronti a festeggiare e far valere il “progressismo” porporato, dimentichi di tutte le volte che ne denunciarono l’ingerenza. E vedremo come ne esce la maggioranza, perché se il rovescio della dissolutezza privata fosse (come fin qui è stata) la bigotteria delle norme pubbliche, il risultato sarà un doppiopesismo etico eguale e contrario a quello della sinistra.
In tutto questo, sia chiaro, non c’entra nulla l’interessante e decisivo tema dello Stato laico, né il doveroso e civile rispetto per il credo religioso. Questi sono temi seri, e c’è un’Italia seria, pronta a discuterli, anche animatamente. Quel che vedo, invece, è solo il funerale della politica. Di come dovrebbe essere, almeno.