Politica

I laici

E’ un vecchio adagio: prendete due laici, metteteli a discutere, ed avrete tre partiti politici. Piace ai fedeli delle parrochie politiche, piaceva da morire ai militi dell’esercito comunista.

Ciò non toglie che vi era e vi è qualche cosa di vero. Un mondo in cui ciascuno reclama e difende la propria libertà di pensiero, la propria diversità, è certamente un mondo migliore di quello in cui l’intruppamento politico oscilla fra la tifoseria di tipo calcistico ed il fanatismo di marca religiosa. Quel mondo, però, resta migliore ma sterile se ciascuno si ritrova ad essere solo, incapace di conciliare le proprie ragioni con qualsiasi forma di appartenenza.

Ai laici che, per strano contrappasso, si ritengono veramente tali solo se chiusi in un eremitaggio monastico e conservativo, intendiamo proporre la forza di un ragionamento politico, il desiderio di non pagare con l’assenza la voglia di preservare la propria identità.

Il pensiero politico laico non deve riprendersi dall’essere stato ridotto o soppresso per mani altrui, non deve fare i conti con un male esterno che ne ha ridotto od eliminato la capacità d’azione. Al contrario: deve partire dalla consapevolezza delle proprie debolezze, dalla presa d’atto che la sconfitta è stata figlia d’incapacità, d’insufficienza. Tentare di mascherare gli errori di ieri con una sorta di pretesa superiorità sull’oggi è patetico, prima ancora che inutile.

Ancora dieci anni fa più di un quarto dell’elettorato italiano si riconosceva in partiti laici, i quali si erano trovati, per gran parte della storia repubblicana, a collaborare nei medesimi governi. Oggi constatiamo che il venire meno dei vincoli posti dalla guerra fredda non ha fatto venire meno il ruolo egemonico di quello che fu il partito comunista italiano, e che oggi ha altro nome ma medesimi uomini e dirigenti. La tramontata unità del partito dei cattolici ha lasciato spazio a formazioni diverse, che si sono mostrate decisive nel portare alla vittoria elettorale il centro sinistra, e che conservano un’influenza importante nel centro destra. In quest’ultimo hanno trovato spazio gli eredi di una destra che fu attraversata da venature antidemocratiche, e che oggi vive una stagione nuova, decisamente più apprezzata dagli elettori. Sono sorte formazioni politiche nuove, che hanno portato in maggioranze di governo, diverse e contrapposte, l’irrisolvibile contraddizione antisistemica. Di laici, invece, se ne possono indicare diversi, anche di grande prestigio ed in collocazioni non secondarie, ma tutti solo e soltanto a titolo personale. Le formazioni politiche laiche si solo liquefatte.

Conseguenza del sistema elettorale maggioritario? No. Se così fosse quel risultato dovrebbe replicarsi, più o meno uguale, in tutte le democrazie maggioritarie, e non è così. Quel che è accaduto ha cause diverse, per alcune delle quali i laici stessi portano la responsabilità.

Il sistema elettorale maggioritario, così come lo si è adottato in Italia, non comporta affatto la scomparsa delle formazioni politiche minori (e, difatti, nell’area cattolica se ne coltivano diverse), e, anzi, in certe condizioni si premia la loro capacità di aggregare voti marginali; ma chiede a ciascuno di iscriversi in uno schieramento prima delle elezioni. Poco male, se questa iscrizione avvenisse su questioni politiche riguardanti il futuro (del tipo: tassare di più le persone fisiche o le aziende; chiedere o meno l’allargamento dell’UE; sradicare o meno l’attuale sistema pensionistico), questo comporterebbe, per ciascuno degli alleati, la rinuncia ad un pezzo della propria identità, ma premierebbe la convergenza su punti qualificanti. Il guaio è che fin qui ci si è divisi su questioni politiche riguardanti il passato, non si è ancora superato l’equivoco relativo all’atto di nascita di quella che, difatti, in modo non legittimo viene chiamata “seconda Repubblica”. In questa situazione i laici sommano errori a difficoltà: l’errore di non aver saputo denunciare per tempo il massacro giudiziario della democrazia elettiva e la difficoltà di non trovare il terreno politico sul quale accettare divisioni che non siano la conseguenza di preconcetti ideologici.

Allora, se questo o quel laico hanno pure potuto ritrovarsi da una parte o dall’altra, di certo si è dovuto pagare il carissimo prezzo di vedere scomparire il peso politico delle formazioni laiche. Come se non bastasse i laici che stanno da una parte rimproverano l’incoerenza morale (morale prima che politica, questa è la tragedia) dei laici che stanno dall’altra (c’è chi convive con il nemico ideologico di appena ieri, chi con i prodotti dell’antipolitica), ma nessuno può seriamente affermare che, nel luogo ove si trova, significativa sia l’influenza di una cultura, quella laica, che ha meriti impareggiabili nella storia della democrazia e della Repubblica italiana.

Di tutto questo siamo consapevoli, ed è per questo che abbiamo seguito con interesse diretto gli sforzi politici di ciascuno, prescindendo dagli schieramenti, ed infischiandocene di chi ci accusava di non comprendere i tempi nuovi del maggioritario.

Certo, siamo consapevoli del fatto che le famiglie laiche hanno, in qualche caso, figliato sentimenti da purismo settario (i “veri” liberali, i “veri” repubblicani, i “veri” socialisti). Sono testimonianze di un mondo che fu, relitti abbandonati ed inutilizzabili. Ma sappiamo anche, per averla vista ed incontrata, che esiste una realtà forte di donne e uomini animati da passione politica, che non chiedono di meglio che trovare forme non anacronistiche di impegno, che amano il confronto ideale, anche aspro, ma schietto e diretto. Sappiamo, infine, che vi è un’area vasta che si delimita e definisce in negativo: gli insoddisfatti dell’una e dell’altra parte.

A questo mondo proponiamo un lavoro politico, articolato su due livelli strettissimamente connessi:

a. riprendere il racconto della nostra storia recente, rifiutando ogni ipocrisia, ogni menzogna di comodo, non tacendo nessuna delle debolezze o dei guasti di un mondo politico che era assolutamente legittimo e democratico, rileggendo, quindi, quel che è successo, come si sia giunti alla liquidazione per via giudiziaria e perché, quali rimedi, infine, occore adottare in tema di giustizia affinché non si stabilizzi la turpitudine di una tutela giudiziaria sulla vita democratica, né si lasci spazio al falso rimedio (in realtà nocivo quanto il male che si vorrebbe combattere) dell’intangibilità dell’agire politico;

b. come sui temi della giustizia, così anche per le altre questioni rilevanti, dall’economia alla bioetica, riproporre la forza del metodo laico, fatto prima di conoscenza e poi di opinioni e convinzioni, proponendo indirizzi ed iniziative che non siano frutto di ideologismo o propagandismo.

Pensiamo, dunque, all’uso combinato di un quotidiano come L’Opinione; delle riviste e pubblicazioni varie che ancora animano il mondo della cultura laica; di incontri a tema dai quali far nascere una collana di riflessione e proposizione; della vita associativa che ancora si svolge dentro partiti e formazioni politiche. Sappiamo benissimo che incontreremo più diversità che uniformità, speriamo ci si accorga al più presto che proprio questo è il valore del mondo nel quale ancora ci riconosciamo.

Si ha un bel dire che le ideologie sono tramontate, in realtà sono crollate alcune chiese, ed è crollata la potente chiesa comunista, che ha tenuto in scacco la sinistra italiana per cinquant’anni, ma non è tramontato il desiderio di molti di trovare un testo, una fonte, un luogo, un partito od un leader cui delegare la propria visione del mondo. Noi ci rivolgiamo agli altri. Non ad una minoranza, quindi.

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