Politica

I marginali

Ci si distrae a misurare le forze e le debolezze, le vittorie e le sconfitte, del Tizio o del Caio, e ci si dimentica di quanto sia mal messo il terreno sul quale giocano, di quanto sia prossimo al coma il sistema politico nel quale si agitano. Vale per molti aspetti, compreso quello morale, perché se una vecchia camerata lascia i propri beni in eredità a quanti vide crescere con il braccio teso e quelli si distinguono più che altro per la mano lesta, non è che la cosa va bene e la si tace quando i profittatori non rompono più di tanto le scatole e, al contrario, la si fa esplodere come inaccettabile scandalo non appena la fanno fuori dal vaso. Perché, ricordiamolo, a votare i cognati degli elegantemente alloggiati, i super mantenuti della politica siciliana, i profittatori di ogni privilegio, sono stati gli stessi cui si chiederà (credo fra non molto) di votare nuovamente. E ad essere alleati di questi damerini, sbaciucchiandoli in pubblico e valorizzando il loro ingresso nel mondo civile, sono gli stessi che oggi contestano loro l’avere marciato al passo dell’oca.

Se queste storie vengono fuori solo in occasione delle rotture è segno che il nostro sistema è assai opaco e la stampa non fa il mestiere che dovrebbe, preferendo tifare. Se solo ora ci si ricorda che il difensore degli omosessuali non li voleva neanche come maestri alle elementari (accomunandoli ai pedofili), è segno che la sinistra ha da tempo smesso di far politica, preferendo costruire alleanze al solo e unico scopo di far fuori Silvio Berlusconi. Che è una versione selvatica e masochista della politica. Vale anche per quelli che ora fondano un nuovo partito, perché Benedetto Della Vedova, che stimo e apprezzo, non può mica dire che pensava d’essersi iscritto ad un partito liberale (per giunta di massa), salvo accorgersi che comanda Berlusconi. Che venisse dal Partito Radicale lo sapevamo, ma dalla sezione di Marte. Suppongo.

Tutto questo capita, ed è il punto che mi preme chiarire, non solo perché molta gente ha la spina dorsale smontabile e l’etica tascabile, ma perché il falso bipolarismo italiano è un monumento al trasformismo senza contenuti. Un condominio per abusivi. E non è assolutamente vero che la crisi attuale, lo spaccarsi del centro destra, rilancia il centrismo, come dalle colonne del Corriere della Sera si va dicendo, perché ciò accade solo a patto che non si voti. Nel caso di urne il centro boccheggia. Si converrà che questa è una ben strana condizione, in democrazia. Credo che non sia il centrismo a guadagnarci, ma il marginalismo: spaccata la maggioranza aumenta il peso di ciascuna formazione o gruppo che può apportare, o sottrarre, un numero marginale di parlamentari. In altre parole: il governo è sotto ricatto.

Leggo che alcuni osservatori ne traggono la conclusione che sarà ben difficile fare riforme della giustizia, o il federalismo fiscale. Sbagliano: è difficile, per non dire impossibile, quanto prima. Nel campo della giustizia Berlusconi ha la grave colpa d’impostare le legislature vincenti sempre commettendo il medesimo errore: guerra atomica su normicchie inutili, che, per giunta, lo riguardano. Si poteva fare la rivoluzione, pensando in grande, sono annegati in una pozza, con pensieri millimetrici. Erano già impantanati prima della rottura. Lo erano due legislature fa. La causa non è solo la composizione della maggioranza, ma la tragica illusione che la politica possa salvarsi dal giustizialismo senza salvare l’Italia dalla malagiustizia. Gli errori si pagano, ed è giusto.

In quanto al federalismo fiscale, questo ha una maggioranza potenziale, in Parlamento, assai più larga di quella governativa. Ma a patto di costruirla e di non far intendere che il capitolo è a esclusivo vantaggio e gestione della Lega. Siccome si vuole il contrario, ecco che, complice la crisi finanziaria, si era fermi già prima.

Pensare di uscirne con un governo “tecnico” è un azzardo pericolosissimo. Se fossi capo della sinistra sarei assolutamente contrario, non lascerei alcun margine, mi opporrei con forza (il contrario di quello che fa Bersani, insomma), perché sarebbe la certificazione della mia morte politica, della mia inutilità istituzionale. Il problema è questo: in momenti d’emergenza si possono fare coalizioni disomogenee e governi tecnici, che nascano dall’accordo dei capi delle forze più rappresentative, a destra e a sinistra, da noi, invece, si pretende di farlo per fregare proprio loro, a tutto vantaggio di gruppi minoritari desiderosi, ciascuno, di portare a casa qualche brandello di ciccia. Non solo non funziona, ma ci si fa del male.

Quindi le strade, serie e sensate, sono due: o il centro destra, e, per dirla in modo più personalizzato, o Berlusconi e Bossi trovano il modo di allargare la ristretta maggioranza ai finti riottosi, alle finte pudiche che attendono la mamma si giri per invitar Ciccio a tastarle, ovvero all’Udc e a quella cosa che non so cosa sia, ma pare esista, denominata Api, oppure meglio tagliare corto e portare i libri in tribunale e il governo al Quirinale. In quanto al colle, stiano attenti. Perché è certo che non verranno sconti o facilitazioni, che la disistima per gli ex compagni è solo leggermente inferiore all’avversità per Berlusconi, ma la struttura istituzionale è divenuta fragile. Non basta far comunicati (un po’ ridicoli, lo scriviamo noi che non siamo ipocriti come il mondo che ci circonda) dove si sostiene che il Presidente della Repubblica è estraneo ai giochi politici. Ma va là. Solo che non basta saper giocare (e Giorgio Napolitano lo sa fare), si deve anche capire quando è il caso di smettere.

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