Politica

Il bello di Francia

Si guardi la Francia e s’apprezzi quanto un sistema elettorale ragionevole aiuti gli elettori a far valere le proprie ragioni. Il Front National è divenuto il primo partito, e questo è il risultato politico generale. Ma il sistema elettorale a doppio turno, con ballottaggio, censente non solo di fotografare le preferenze, bensì anche di solidificarle in un risultato che concilia il governo e la rappresentanza. Marine Le Pen è la vincitrice, ma può ben esistere una destra alternativa, quella che fa capo (oggi) a Nicolas Sarkozy, non disposta a mescolarsi e perdersi, ma pronta a distinguersi e sfidare. Capitò già, del resto, quando il padre di Marine, Jean-Marie (tutta la famiglia fa solo politica), riuscì ad arrivare al ballottaggio per la presidenza della Repubblica: non perse sconfitto dalla sinistra, ma dalla destra, quella gollista, guidata da Chiraq.

Agli apologeti dell’Italicum, che non è un sistema disastroso solo perché non lo si è mai sperimentato, vorrei fare osservare che, se fosse vigente in Francia, le loro assemblee regionali oggi e quella parlamentare domani sarebbero occupate da una maggioranza assoluta lepeniana. Una roulette russa, buona solo a fare saltare le cervella della democrazia. Con il doppio turno, invece, gli elettori esprimono liberamente le loro preferenze, mentre al secondo fanno i conti con gli orientamenti emersi. La seconda domenica non si chiede più di sapere cosa preferiscono genericamente, ma che governante vogliono, praticamente. Dopo di che, naturalmente, ogni responso sarà quello giusto, perché le democrazie non crollano quando sbagliano gli elettori, ma quando sono sbagliati i sistemi elettorali e istituzionali. E siccome al secondo turno accedono non solo i primi due, ma anche quanti hanno raccolto quote significative di voti, quella è la sede in cui si verifica se partiti che rimangono diversi ritengono di avere il comune interesse di battere un avversario. Capiterà, in Francia, perché i socialisti hanno già annunciato che ritireranno il candidato laddove non ci sono possibilità di vincere, così favorendo un altro avversario dei lepenisti, mentre i repubblicani di Sarkozy hanno già deciso di non appoggiare i candidati della destra lepenista. Le due destre, quindi, si considerano non alleabili e non comunicanti, senza che questo tolga speranze a chi è arrivato secondo. Decideranno gli elettori.

Noi, invece, con sistemi diversi, dal 1994 sperimentiamo una formula per cui s’insalsicciano tutti quelli che sono contrari agli altri, puntando a prevalere nel numero di voti e non certo nella chiarezza, razionalità e applicabilità del programma. Vincono ora gli uni ora gli altri (mai due vittorie consecutive), ma nessuno riesce a governare, proprio perché le maggioranze sono disomogenee e si sfasciano, oppure, come nella legislatura in corso, la maggioranza esiste in un tripudio di trasformismo e chi è stato eletto da una parte trasloca da quell’altra. Nel nostro sistema, oltre a tutti gli altri vizi, trionfa il più indecente dei risultati: non è l’elettore a decidere. Il che, per una democrazia, è il peggio possa succedere.

Pubblicato da Libero

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