Politica

Il debito e la costituente

Veltroni è spontaneamente berlusconiano, ora, però, esagera e tenta di soffiare al maestro il ruolo di capo dell’opposizione. Egli ha ragione: abbattere il debito pubblico è una priorità, un’urgenza politica. Finanziarne l’onere ci svena e trasferisce all’estero buona parte delle tasse pagate dagli italiani. Ha ragione anche quando dice che non si devono fare “manovre straordinarie”, vale a dire quei soliti minestroni dove si butta dentro tanta fuffa ed un solo ingrediente: l’aumento delle tasse. Giusto, questo vuol dire che si deve agire tagliando la spesa ed operando sul patrimonio.
Ma chi crede ci sia, al governo? Ci sono i compagnucci suoi. E mentre il Fondo Monetario Internazionale li rimprovera d’avere perso il vento favorevole delle entrate straordinarie, di avere rallentato il risanamento e, ora, di subire inerti un rallentamento della crescita, l’Unione Europea fa loro notare che la finanziaria appena presentata è del tutto insufficiente a cogliere gli obiettivi fissati. Quindi, delle due l’una: o le parole di Veltroni sono solo un assemblaggio casuale di frasi fatte, pronunciate con l’aria ispirata; oppure significano che il governo cambia rotta o cade. La prima ipotesi non può essere commentata politicamente. E’ un caso umano, soprattutto per chi gli va appresso. La seconda comporta onestà anche da parte mia: non è così facile, perché la logica bipolare, senza un vero maggioritario, impone coalizioni che rendono impossibile governare seriamente.
Allora, è inutilmente uggioso che si dica: prima le riforme e dopo le elezioni, perché questo andava bene all’inizio della legislatura, mentre oggi è improponibile. Il Quirinale può pure scommeterci, ma ci perde la faccia. Piuttosto Veltroni assicuri che dopo le elezioni, da farsi al più presto, sarà opportuna una collaborazione istituzionale, pur nella distinzione di ruoli, tanto sulle riforme costituzionali ed elettorali, quanto sul riassorbimento del debito. Si chieda ora, subito, una legislatura costituente, che dia respiro alla terza Repubblica, visto che la prima, la migliore, non è ancora morta e la seconda non è mai veramente nata.
Questa sarebbe politica alta, seria. Bella, come dice Veltroni. Soprattutto utile a qualche cosa che non sia la sopravvivenza di un ceto politico anemico ed esausto.

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