Politica

Il doge e gli schei

Un vento di follia spazza le terre della Repubblica italiana. Se prestate orecchio al rombo dell’informazione, sentirete parlare di serenissimi governi e serenissime repubbliche, come fossero cose serie. Si è anche sostenuto : “vogliamo il ritorno del Doge”. Attenti a ridere (come pure sarebbe naturale), il vento non vi accechi, e cercate di capire dove sarà spinta la vita politica italiana.

Tutto quello che sta succedendo, nell’oramai notissimo nord-est, non ha quasi nulla a che vedere con l’autonomismo amministrativo o con il federalismo. Quei politici che sperano di opporsi, al ribellismo che sale, sventolando le bandiere dello Stato federale hanno l’aria di non avere ben capito quel che succede. Le radici del disagio non stanno nella rivendicazione di maggiore autonomia, stanno nella speranza, nell’illusione che si possano non pagare i conti del passato. Si chiede la separazione dall’Italia per chiedere l’estraneità dal nostro passato collettivo. Un passato che lascia conti aperti, certo, ma anche molti benefici di cui si gode.

Si dice che il disagio del nord-est si espande a causa delle ingiustizie fiscali, cui quelle popolazioni sono sottoposte. Le ingiustizie ci sono, e tutti noi le subiamo da un fisco vorace, che assorbe ben oltre la metà dei nostri sforzi. Ma, a ben guardare, a dar peso alle cifre e non alle suggestioni, ci si accorge che il peso fiscale che in quelle regioni si sopporta è inferiore a quello sopportato da altre, dove, però, non ci sono virulenti movimenti autonomisti. E allora? Possibile che contro il fisco si ribelli prima chi meno ne è vittima? Sia chiaro che non intendo sollecitare alcun sdegno moralistico, che non utilizzo lo sciocco scandalizzarsi contro gli evasori fiscali. E’ materia, pur rilevante, che qui non ci interessa. Ma contro la voracità del fisco sarebbe ben logico che si ribellino prima i più divorati, non i meno.

Difatti, penso che la campagna contro il fisco, le varie Life che trovano tanto spazio sui mezzi d’informazione, sia solo un vessillo di superficie. Sotto c’è l’illusione di chiamarsi fuori, e che chiamandosi fuori si possano ottenere dei vantaggi. Questo è quello che i propagandisti del separatismo vanno predicando, questo è quello che una classe politica inerte finisce con l’accreditare, e questo è il più clamoroso degli abbagli.

Il vaniloquio del mondo politico, l’inutile blaterare di riforme che non si fanno, il sermoneggiare falsamente ispirato delle più alte cariche dello Stato, non fanno che gettare benzina sul fuoco. E quel fuoco brucia le capacità della politica, brucia la possibilità di ragionare sulle cose reali. Le ceneri del falò ci porteranno il federalismo? Neanche per sogno. Le ceneri della politica porteranno al trionfo di quella pessima politica che si traveste da antipolitica. Su quelle ceneri si alzerà il vessillo dell’unità minacciata e compromessa, si dirà che ciò è avvenuto a causa di una classe politica stolta (e ladrona, che ci sta sempre bene), e si cercherà la forza per tenere insieme i vari pezzi d’Italia. Questo collante, questa antipolitica, ha già il suo leader : è colui il quale dice di non essere né di destra né di sinistra; è colui il quale sta dalla parte della gente; è colui il quale vuole un fraterno abbraccio fra “terroni” e “polentoni”. Ecco dove porta, il vento di follia che spazza l’Italia. Un vento che porta via l’Italia migliore, e ne mette assieme i pezzi ed i vizi peggiori. Se almeno, in omaggio al Veneto, si leggesse Goldoni …

Umberto Bossi è un animale politico, un uomo di rozzezza intellettuale senza pari, ma di fiuto fino. Bossi ha capito, ed ha deciso di battersi contro questa versione dell’antipolitica, prendendola a sua nemica. La sorte non voglia che il resto del mondo politico, che si crede tanto furbo, tanto cinico, tanto culturalmente attrezzato, non capisca quel che Bossi ha capito.

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