Politica

Il maggior peso del Quirinale

I rapporti di forza, fra la Presidenza della Repubblica e quella del Consiglio, si stanno riequilibrando, a tutto favore del Quirinale. La cosa passa quasi sotto silenzio (se n’è accorto Stefano Folli), è favorita da errori del governo ed avrà effetti importanti, nel prossimo futuro. Nell’immediato segnala un accumularsi di

difficoltà, che spezzano il fiato ed il ritmo del governo: è ancora il corridore in testa, ma comincia a scomporsi. O ritrova l’assetto, o scalerà in classifica.
Subito dopo le elezioni politiche il Quirinale era in condizioni di debolezza. Ferme restando le competenze costituzionali, ed i relativi poteri, sta di fatto che l’inquilino era stato eletto dalla precedente legislatura, in modo rocambolesco e senza il consenso di quella che, nel frattempo, era divenuta una travolgente maggioranza parlamentare. La Costituzione consegna al Presidente alcune armi, che possono essere utilizzate con determinazione (qui non entro nel merito dei singoli temi), come accadde in occasione del decreto sul caso Englaro. Non poteva fare più di questo, Napolitano. Ora la frittata s’è girata, perché alla sua firma sono giunti, contemporaneamente, sia la conversione in legge di un decreto che un ulteriore decreto, destinato a cambiare quella legge, appena approvata, in quattro punti rilevanti. E si deve aggiungere la correzione orale, cui il governo s’è dovuto piegare, relativa alla tassazione dell’oro della Banca d’Italia. La prima firma è dovuta, la seconda non è gratis.
Il rispetto del Parlamento c’entra poco. Tutti i governi eccedono in decretazione, giacché il cattivo funzionamento del legislatore offre loro un alibi. I presidenti delle due Aule dovrebbero provare a far lavorare meglio i signori parlamentari, che sono già in vacanza e torneranno nella seconda metà di settembre? Il fulcro non è (purtroppo) il Parlamento, ma la doppia decretazione, resa necessaria da incongruenze ed errori politici contenuti nella conversione del precedente. Una tecnica spericolata, che si presta ad ironia amara e che richiede la complicità del Quirinale. Dopo di che, però, a Palazzo Chigi devono scordarsi la rivendicazione del volere procedere senza tutele, visto che hanno appena avuto bisogno di una mano. Quella stessa che si farà sentire, quando le difficoltà saranno maggiori. E non sarà una carezza.

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