Politica

Il mondo bussa

Dal Mali all’India la politica estera bussa alla porta di casa nostra, ma nessuno va ad aprire, nessuno se ne occupa. Troppo presi a contendersi il tinello, talché il chiasso copre il campanello.

E’ già capitato che il governo abbia ribaltato, nel corso di un voto alle Nazioni Unite, una posizione importante di politica internazionale, accettando l’idea che il non-Stato palestinese sia ammesso quale osservatore, e che lo abbia fatto senza sentire il bisogno non dico di un voto, ma anche solo di un dibattito parlamentare. Ora ha annunciato il nostro contributo alla guerra in Mali, sia pure sotto forma di aiuto logistico ai francesi, senza, nuovamente, avere sentito il Parlamento. E senza che i loquacissimi protagonisti della politica abbiano fiatato.

Eppure c’è più di un motivo per essere preoccupati. Chi qui scrive è favorevole all’uso della forza, anzi, per dirla senza ipocrisie, alla “guerra”, quando questa, ove non sia difensiva, risponda a due condizioni: a. un quadro di legalità internazionale, che per noi significa a seguito di richieste dell’Onu e/o nel quadro del coordinamento Nato; b. sia chiaro l’obiettivo che con le armi s’intende perseguire, quindi il punto oltre il quale si può rimetterle nella custodia. In Mali di chiaro c’è ben poco.

Che a partire per primi, in anticipo sul programma Onu, siano stati i francesi non è una buona cosa. Per la semplice ragione che la Francia fu potenza coloniale, in quelle terre, e i nemici di oggi sono i nemici di ieri: i Tuareg. Ovvio che il contesto storico è del tutto diverso, ma proprio per questo non era il caso di riprendere là dove s’era mollato, con gli stessi protagonisti. La ragione dell’intervento sta nel fatto che gruppi di fondamentalisti islamici, alcuni dei quali quaedisti, stavano prendendo il Paese. Ed è certamente un buon motivo, perché i futuri Afghanistan è meglio prevenirli piuttosto che poi doverli demolire. Ma occorre prendere una decisione politica: il contrasto al fondamentalismo, l’evitare che gruppi politici vicini al jihadismo s’impadroniscano di queste fragili e formali democrazie, è un interesse vitale per le democrazie occidentali? Ove la risposta sia negativa, non c’è ragione di scatenare guerre. Ma ove sia positiva, e credo che tale dovrebbe essere, allora non si capisce com’è che lo stesso occidente s’è tanto speso per abbattere il regime libico di Muammar Gheddafi, o s’è spellato le mai per plaudire alla deposizione di Hosni Mubarak. Il primo era un dittatore, per lunghi anni nemico dell’occidente, ma poi convinto che il fondamentalismo fosse il più potente nemico da battere. Il secondo un autocrate, amico dell’occidente. Può darsi che non ci sia motivo di rimpiangerli (e non è detto), ma allora perché si va in guerra a cercare di preservare quegli stessi equilibri che loro contribuivano a garantire?

Il tempo passerà, e un giorno ci potremo raccontare che in Libia fu scatenata una guerra che nuoceva agli interessi dell’Italia e favoriva quelli della Francia e della Gran Bretagna. E lo dico da europeista e atlantista di lungo corso. Ora noi, in Mali, diamo sostegno logistico a quale politica? Chi ha discusso con noi obiettivi e strategie? Chi ci ha rassicurati sui nostri interessi indisponibili? Non lo sapremo mai, ammesso che ci siano delle risposte, perché il Parlamento ha perso il ruolo di cuore del sistema democratico, divenendo solo la sommatoria dei seggi da eleggere. In questa triste stagione di decadenza politica e istituzionale.

E’ vero, Leon Panetta, segretario alla difesa statunitense, è venuto a dirci che si deve dare una mano ai francesi, che non è una guerra solo loro. Il mio cuore a stelle e strisce osserva, però, che a leggere i giornali francesi non sembra che sia così, visto che i cugini d’oltralpe si sono presi una bella sbandata nazionalista. E, in ogni caso, capisco bene l’interesse Usa, perché in una zona bollente gli europei si espongono per primi e direttamente con le armi in pugno (in volo, per la precisione). Un bel successo, per gli americani. Ma noi abbiamo esposto a qualcuno le condizioni per passare da spettatori a belligeranti?

Intanto, in India, due militari italiani s’apprestano a essere processati per avere usato le armi. Abbiamo sostenuto che era nostra competenza, gli indiani ci hanno risposto di stare zitti. Avvertimmo che era stato un grave errore ricevere i due marò come fossero due eroi, nel mentre erano in assai anomala e sospetta licenza natalizia, ora è la Repubblica italiana a beccare lo schiaffo e doversi sedere sul banco degli accusati. Comunque vada, è una bruciante sconfitta.

Tutto ciò bussa alla porta, ma nessuno risponde. Sarà bene svegliarsi, prima che ce la buttino giù.

Pubblicato da Il Tempo

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