L’invocazione del “partito di Monti” segnala l’insipienza delle forze in campo. In quanto ai pretesi “montiani”, essi sono più che altro degli impostori, nel senso che non condividono affatto la politica del governo, ma ne appoggiano la parte che serve a danneggiare gli avversari, a loro volta nella medesima condizione. Esaminando la prima e la seconda cosa si giunge alla conclusione rilevante: avendo ciascuno diffidenza degli altri e orrore di sé, si è elaborato il seguente programma-speranza: conservarsi sulla scena e conservarsi commissariati.
In che consiste il del partito di Monti? All’interno del governo ci sono linee diverse, emerse in tutte le occasioni decisive. Al governo siede il ministro Barca, il quale ha richiamato la necessità di un governo politico, eletto, per potere fare le riforme non riconducibili ad una logica emergenziale e commissariale. Ha ragione. Quel “partito”, quindi, non ha fondamento nella struttura e azione del governo. Lo ha nel programma? E quale sarebbe? Mario Monti ha più volte ricordato, giustamente, che il programma del suo governo consiste nell’ottemperanza ai doveri connessi alla lettera invita dalla Commissione europea e dalla Bce al governo precedente, presieduto da Silvio Berlusconi, e da questi riscontrata con assenso. A questo si aggiunga che il fiscal compact vincola l’Italia a venti anni venti di rientro dal debito. Ciò per dire che i margini per la fantasia programmatica sono piuttosto ridotti, chiunque governi. Certo, si può propendere più per le dismissioni che per le tassazioni, più per i tagli alla spesa corrente che agli investimenti, ma in assenza d’indicazioni concrete (fin qui mancanti) queste restano chiacchiere.
Veniamo ai montiani. Così impostato il governo ha un programma non solo ereditato dal predecessore, ma che definirei di destra. Per giunta di una destra esecutrice, priva di forza riformatrice. Allora, perché la sinistra ci tiene tanto a dirsi montiana? Perché il commissariamento è stato il sistema per far fuori un leader detestato, sempre sotto attacco giudiziario, ma che gli italiani hanno continuato a votare, regalandogli puntualmente la maggioranza relativa dei voti. Il loden montiano fu assunto a bandiera dell’avversione ai costumi debosciati, e poco importa che ciò contrasti con tutto quello che si è detto, sostenuto e propagandato. Sono montiani puri, invece, i centristi casiniani? Suvvia, una vita passata a difendere la spesa pubblica e un ventennio speso a difendere il bipolarismo meritano maggior rispetto. Anche nel momento del ripudio. La verità è diversa: una forza fuori dal gioco, il cui principale portatore di voti si ritrova in galera, condannato in via definitiva, ha visto nel commissariamento lo strumento per tornare a toccar la palla, magari per far gol al Quirinale strizzando l’occhio a una sinistra che se ne vergogna. Tutto qui, senza scomodare teorie e culture. E la destra, almeno quella è montiana? Manco a parlarne, perché se la “rivoluzione liberale” è stata una presa in giro la “rivoluzione erariale” è una presa per il collo. Se fossero montiani mostrerebbero d’essere anche afflitti dalla sindrome di Stoccolma, ovvero d’essersi invaghiti dei propri aguzzini.
E allora? Allora il fatto è che ciascuna di queste forze sa che le proprie parole del recentissimo passato non sono conciliabili con il presente, che i propri programmi sono ferri vecchi, che il proprio personale non è credibile (alcuni hanno recitato tutte le possibili parti in commedia, e anche in farsa) e che la forza rimasta è quella di rappresentare una minoranza, oramai incapace di allearsi per far maggioranza. Ecco perché s’invoca il partito di Monti, che non solo non esiste, ma neanche può esistere. A meno che …. non decida di accettare la sfida elettorale, succhiando il sangue dalle urne altrui. In quel caso smetterebbe d’essere invocato e comincerebbe a essere detestato. Ma non penso accadrà. Quindi il partito di Monti resta solo e soltanto una particolarità istituzionale, ovvero la possibilità che, anticipando il voto, anche solo a marzo, la costituzione del governo successivo, in probabile assenza di maggioranza in entrambe i rami del Parlamento, sia affidato alle cure di Giorgio Napolitano.
Visto sotto questa luce, quindi, più che invocare il partito di Monti è il caso di prendere atto che l’intero sistema politico, per sua responsabilità e per pressioni esterne, è partito per il Colle.