Politica

Il No francese

Quando, nell’ottobre scorso, si firmava, a Roma, la Costituzione Europea, quando la cerimonia era solenne e non v’era fanfara che non intonasse la melodia della retorica, avvertivo, da europeista, i pericoli di quel testo lungo e circonvoluto, incapace, per sua stessa natura, di affrontare i veri grandi problemi dell’Unione, avvertivo la contraddittorietà del fatto che tutti i governi prendevano impegni il cui rispetto sarebbe dipeso da un iter approvativo lento, incerto, e diverso da Paese a Paese.

Ora la frittata è fatta, quel che avvertivamo è divenuta realtà, ed è toccato ai francesi dire il primo No a quel testo costituzionale.

Adesso ci sono due cose che non si devono fare. La prima è cedere allo sconforto e smontare una costruzione europea che ha accompagnato la rinascita democratica, dopo il secondo conflitto mondiale. La seconda è far finta di niente, perché quel che è successo è grave, ripetere che si va comunque avanti, senza sapere neppure come.

I francesi non hanno solo votato contro una Costituzione (scritta da un’assemblea presieduta da un loro ex presidente), ma hanno avuto occasione di dire no prima di altri (toccherà pronunciarsi ad olandesi, polacchi, inglesi, lussemburghesi, danesi, portoghesi, cechi ed irlandesi) ad un’Unione retta da molte strutture burocratiche e priva di una vera anima politica. Un’Unione che non ha politica economica, ma pretende di avere una moneta, che non ha politica estera, ma suppone di potere sedere all’Onu. E’ da questi guasti che si deve ricominciare, ripartire.

Parte dei francesi ha anche votato contro la mondializzazione, l’apertura del mercato, l’immigrazione, insomma hanno votato a favore di un mondo andato e non più difendibile. Hanno, in questo caso, votato più con la paura che con la ragione.

Il conto deve essere presentato al loro governo ed al loro presidente della Repubblica, ed hanno diritto di presentarlo gli elettori di quel Paese, come anche i cittadini dell’Unione. I governanti francesi hanno preteso di tenere al guinzaglio l’Europa, consolidando un rapporto privilegiato con i tedeschi ed apertamente sfidando gli inglesi (per nostra fortuna, sui temi rilevanti della politica estera, l’Italia si è schierata con questi ultimi). Ora sono stati sconfitti, l’Europa che essi hanno voluto è stata bocciata. Se decidessero di restare al loro posto, se non dessero seguito all’evidenza politica di questo voto, sarebbe l’ulteriore dimostrazione che non è produttivo tenere assieme l’Europa dei governi, senza costruire quella dei cittadini.

Condividi questo articolo