L’ennesima tornata referendaria ha fatto cilecca, e sarà bene non prendersi in giro sulle ragioni di tanto disinteresse. Non si dica, ad esempio, che ha scarseggiato l’informazione.
Forse può essere vero per la questione degli elettrodotti, frutto della sterile fantasia di una forza politica alla ricerca di qualche cosa da dire, ma non per l’articolo 18. Se n’è parlato, e tanto. Si sono fatti molti spot televisivi, che se fossero serviti a reclamizzare un prosciutto appena decente se ne sarebbero venduti a quintali.
Né si può sostenere che i temi fossero astrusi. Ancora una volta, questo vale per gli elettrodotti, ma non per una norma che riguarda la (presunta) sicurezza del lavoro per milioni di persone. No, gli italiani non sono andati a votare perché sanno che è inutile. I referendum sono inutili.
Sono inutili per due ragioni. La prima si trova proprio nei quesiti: non hanno senso. Da quando si è disgraziatamente aperta la via ai referendum propositivi per via abrogativa (collocandosi così fuori dal dettato costituzionale) i quesiti sono divenuti sempre più lunghi, astrusi, incomprensibili, ed impossibili da risolversi con un Sì o con un No. Ma questa ragione, da sola, non basta a spiegare la diserzione di massa, giacché la propaganda potrebbe ben sopperire alle contorsioni descritte sulla scheda. Serve la seconda ragione: votare è inutile, tanto nessuno terrà conto del risultato.
Dalla responsabilità dei magistrati al ministero dell’agricoltura, gli elettori hanno detto con chiarezza quel che desideravano, ed il Parlamento non li ha neanche presi in considerazione. Votarono (votammo) in massa per chiedere che i magistrati rispondessero dei loro errori, e ci ritroviamo con una categoria d’irresponsabili del tutto fuori da qualsiasi tipo di controllo. Provate oggi a parlare di responsabilità: vi diranno che siete un golpista. Un golpista con la stragrande maggioranza degli italiani alle spalle, però.
Fatto si è che quel voto fu inutile. Le ultime tornate referendarie cui gli italiani diedero ascolto furono quelle sui temi elettorali. Allora votai con la minoranza degli italiani, ed ancora oggi sono convinto che quei referendum erano illegali. Ma è un fatto che si chiamarono gli elettori a pronunciarsi a favore del sistema maggioritario, promotore della diminuzione dei partiti e di governi di legislatura. Risultato: i partiti sono aumentati di numero; i governi sono durati non di più che con il proporzionale, sono sempre di coalizione e non si sa cosa sia, a questo punto, il maggioritario; nessuno sa più chi sia il parlamentare per il quale sta votando.
Non sono fra quanti si strappano i capelli per il crescere dell’astensionismo, che, in determinate circostanze, è un segnale di fiducia nel sistema. Per i referendum, poi, non sarebbe inopportuno eliminare il quorum. Ma questo non ha nulla a che vedere con quel che è successo ancora ieri, quando si è, ancora una volta, misurato il vuoto della politica. Non basterà un tricolore quirinalizio a colmarlo.