Politica

Il Presidente Leone

Lasciate perdere il giorno in cui è passato a miglior vita, o quello dei suoi funerali, ma ancora oggi, se dici di apprezzare uno scritto di Giovanni Leone non fai bella figura in società. Mi è capitato nel recensire alcune sue pagine sul calvario dei diffamati, cosa che mi procurò qualche compatimento da amici moderni ed intellettuali.

Al contrario, puoi ben essere uomo di mondo e citare qualche spiritosa pagina di Camilla Caderna, che scrisse un cumulo di minchionerie a sfondo pettegolo. Eppure Giovanni Leone fu un grande giurista, un Presidente assai migliore di Oscar Luigi Scalfaro (sotto tutti, dicasi tutti, i profili, e ci scusiamo con la sua memoria per il paragone). Com’è possibile che accada questo? Rispondere è necessario per capire cosa è stato il mal sottile dell’egemonismo culturale comunista.

Anche da morto Lone viene raffigurato come una macchietta, pubblicato in effige cornificante, magari con qualche allusione cornificata. Se lo stesso metro diffamante venisse utilizzato per la memoria del Presidente Sandro Pertini, se ne sentirebbero delle belle. Invece no, il privilegio rimane a Leone. Perché? Perché Leone dovette fare i conti con l’unica chiesa che negli anni settanta era ancora in grado di pronunciar scomuniche: la chiesa comunista. E Leone venne scomunicato perché, al contrario di Moro, non volle assumere come inarrestabile l’ascesa del partito comunista verso il governo, o, almeno, al contrario di Moro pensava che non si dovesse combatterla assecondandola, ma opponendovisi. Qui non interessa sapere se avesse ragione o torto, qui basta comprendere che per il solo averlo sostenuto fu scomunicato e, come tutti gli scomunicati, gli fu tolto il diritto all’onore ed alla parola, fu colpito nella persona e nella famiglia. Per molti, lunghissimi anni, che giungono fino ad oggi.

Ma la scomunica, come tutte le scomuniche, non fu emessa da un potere razionale e capace di sottoporsi al giudizio altrui, non fu, quindi, motivata con il dissenso politico. No, la scomunica colpisce l’immoralità, che ha la sua radice nell’incapacità di comprendere il Vero. Leone non voleva capire che i Migliori, i più Sani, i più Colti erano i comunisti? Che sia scomunicato, l’immorale.

Della vicenda Lockheed uscì pulito: non era lui Antelope Koppler. Ma vogliamo avere la serietà di andare oltre quest’evidenza, di ripensare a quello scandalo che portò Gui e Tanassi in stato d’accusa in Parlamento, che fece tuonare Moro nel rifiutare quel processo alla democrazia cristiana che si sarebbe voluto celebrare in piazza (e tanto voluto da Pasolini, ancora ricordato come un’icona della cultura, roba dell’altro monto, che riposi in pace)? Ebbene, nel mentre si discute degli A400M, gli aerei europei da trasporto militare, che sono, oltretutto, costosi e di là da venire, nel mentre si discute sapete cosa vola sulle nostre teste? I Lockeed. Tossicchiosi e borbottanti, non privi di acciacchi dovuti all’età, quegli aerei scandalosi volano ancora e fanno il loro dovere. C’è qualche analista che vuol fare due conti? Vuoi vedere che furono un buon affare?

Ma capperi! Come si fa a dire quel che ho appena scritto, si sono forse dimenticate le tangenti che furono distribuite? Chi può difendere quel sistema marcio ed immondo? Brutta storia, la corruzione, è come la sciatica, ti si ficca nel corpo e non ti lascia in pace, talora ti sforzi di dimenticarla e quella torna a farsi sentire. Vorresti staccarla, quella gamba. Poi incontri un amico sulla sedia a rotelle, ti guardi la gamba e, con tutta la sciatica, vorresti baciarla. Vorresti che le gambe della democrazia, i partiti politici, non cedessero mai alla corruzione per finanziarsi, ma poi ti rammenti che i moralisti di allora, come quelli di oggi, si finanziavano, a loro volta, con soldi sporchi di sangue, di pene e di gulag. Ci pensi e ti accorgi che se fosse vero che la mafia finanziò (ma trattasi di leggenda) lo sbarco alleato in Sicilia, essa fece cosa giusta e meritoria, perché dall’altra parte c’erano le truppe alimentate dai lager. Ci pensi e ti accorgi che è inganno e follia vedere le cose della vita sotto la luce assoluta del bene e del male, mentre esse scorrono fra i chiaroscuri della relatività, del meglio e del peggio. Ci pensi e ti accorgi che tutto può essere letto e riletto, anche nella chiave più critica, e fra queste cose è compresa la pagina dello scandalo Lockeed, ma che a far la parte dei buoni non ci possono certo stare quelli che se avessero vinto non ci avrebbero consentito neanche di imparare a leggere.

Ma Giovanni Leone stava dall’altra parte. Lui era l’icona dell’italietta da seppellire, per far crescere quella finanziata dagli scarponi chiodati delle truppe brezneviane. E così noi, che del Giovanni Leone politico saremmo stati fieri avversari, ci sentiamo vicinissimi a lui e lontanissimi da quanti ancora oggi si danno di gomito, che è anche l’arto più acuto del quale dispongono.

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