Politica

Il sesso degli eletti

Ci si trastulla con le facezie nel mentre, di buona lena, si scava la propria buca. Si gioca alle riforme, pensando si possa prendersi gioco del buon senso. La missione da compiere, riformando il sistema elettorale, consiste nel cambiare una legge (il porcellum) che dava pessimi risultati e che, ora, è anche stata demolita dalla Corte costituzionale. La missione era urgente già alla fine del 2011, per rendere possibile e non inutile, o dannoso, il ritorno anticipato alle urne. Più di tre anni dopo si finge di credere che di quello si stia discutendo, ma non è vero. Perché se anche passasse la legge attualmente in discussione alla Camera non solo non si risolverebbe il problema, ma lo si complicherebbe. E’ sgradevole dirlo, perché la moda in auge consiste nel correre. Ma non è un buon motivo per smettere di pensare.

Lo schema scelto replica la legge precedente, salvo l’introduzione del ballottaggio. Se il Senato non fosse già più esistito gli effetti del porcellum sarebbero stati uguali a quelli ora auspicati: alleanze prima e non dopo le elezioni, certezza del vincitore già all’apertura delle urne. Che siano risolutivi ne dubito, perché s’è visto che il costume invalso consiste nel fare alleanze che servono a vincere le elezioni, ma non a governare. In ogni caso, avrebbe funzionato così come si vorrebbe funzioni il nuovo sistema. Il nodo, quindi, si sposta sulla sorte del Senato.

Cambiarne radicalmente la natura, come ci si ripromette di fare, risponde bene alla retorica del taglio della politica, ma male alla necessità di non distruggere la Costituzione. Basta leggerne la parte relativa all’“ordinamento della Repubblica” per rendersi conto che una Camera nominata dalle regioni e senza competenze sulla fiducia governativa comporta una riscrittura profonda, non qualche aggiustamento. Si può anche fare. Si deve. Ma, a parte che si tratta di un lavoro da Assemblea Costituente, richiede comunque tempo. Quindi: il risultato di questa duplice riforma non è a portata di mano, mentre farne solo metà non serve a niente.

Tanto più che la logica del bicameralismo (che non è un’anomalia italiana, ma la forma di molte democrazie) comporta quel che molti sembrano considerare oltraggioso: due sistemi elettorali diversi, due elettorati diversi, per eleggere le due Camere. Naturalmente è meglio si trovi tutto in una sola legge. Pensare, però, di risolvere il problema della stabilità governativa puntando tutto sulla legge elettorale è un grossolano errore. Giusto due esempi: in Francia è considerato normale che il presidente della Repubblica (che ha compiti di governo) possa perdere la maggioranza in Parlamento; la stessa cosa avviene nel presidenzialismo Usa, con le elezioni di medio termine. Questa è la normalità democratica, non il male italiano. Qualche lettura, di diritto costituzionale italiano e comparato, può agevolare. Quella logica, comunque, era dominante nella Costituzione del 1948 (ancor più nel testo originario che in quello più volte riformato). Non si può estirparla pensando che il resto regga da sé.

Rispetto a questo problema, enorme, sia detto con tutto il rispetto, non si può accettare che il fulcro della discussione siano le quote di genere o le preferenze. Questi sono dettagli, più estetici che sostanziali. Ciascuno può pensarla come crede, ma nessuno può seriamente credere che siano decisivi. Eppure non si parla di altro, dimostrando l’inquietante assenza di consapevolezza circa il guaio in cui ci si va a cacciare. Aggiungo che gli appelli firmati da parlamentari donne dovrebbero insospettirle in quanto parlamentari, piuttosto che inorgoglirle come donne: di che stiamo parlando? della riforma dello Stato o delle leghe sessuali? vanno bene qualsiasi forma di Stato e qualsiasi legge elettorale, purché pareggi i due sessi? Ciò traveste da parità dei diritti il massacro del diritto. Può essere avvincente dibattere del sesso degli eletti, ma l’ultima volta che s’avviò l’avvincente diatriba sul sesso degli angeli i dibattenti furono travolti.

Se passerà la riforma, accelerando alla bersagliera, ci troveremo davanti a un mostro: una nuova legge elettorale, ma non utilizzabile senza una riforma costituzionale. Che succede se gli equilibri politici implodono prima? Si vota con la legge antecedente, risultato dell’ablazione per incostituzionalità? Si vota con il maggioritario alla Camera e il proporzionale al Senato (il contrario di quel che dice la Costituzione)? Opzioni suicide. C’è chi sostiene che la cosa è stata concepita per evitare di votare. Sembra furbesco, ma è fesso assai: votiamo comunque, per le europee, ed è escluso che se la maggioranza di governo si scoprirà (sai che scoperta!) minoranza elettorale la cosa resti senza conseguenze.

Sul fronte economico abbiamo problemi seri e situazioni esplosive. Non giova alla salute collettiva bloccare le uscite di sicurezza. Eppure è quel che si sta facendo, creando un tempo del niente e del nessuno, fra l’approvazione di una legge e quella di una riforma costituzionale, senza alcuna garanzia che fra le due ci sia coerenza.

Pubblicato da Libero

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