Politica

Il tempo è danno

Se si tenesse realmente in conto l’interesse del Paese, conciliandolo con quello dei partiti più grandi, non ci sarebbero dubbi: meglio accorciare i tempi e, prima ancora di Babbo Natale vedremmo arrivare un nuovo Parlamento. Se si osserva la scena, senza farsi prendere dai nervosismi, si comprende meglio quale sia la reale posta in gioco e quali le possibili vie d’uscita.

Da una parte c’è lo schieramento che ha vinto le scorse elezioni politiche, parlamentarmente reso vulnerabile dalla defezione finiana, che è pronto a correre il rischio delle elezioni anticipate (il cui esito non è scontato) per non vivere la certezza di una lenta, ma inesorabile agonia. Dall’altra c’è la sinistra, avvantaggiata dai guai altrui, che sembra pronta a sperimentare soluzioni fantasiose, pur di evitare il ritorno alle urne. Non è logico e non è conveniente. Se passasse la teoria, azzardata e tutta da dimostrarsi, secondo la quale esiste una maggioranza numerica per fare la riforma del sistema elettorale, se si provasse ad allungare la vita parlamentare, al solo scopo di colpire Silvio Berlusconi e la Lega, si finirebbe con l’ottenere due risultati ben diversi: la riforma non si farebbe, o servirebbe a far nascere l’ennesimo sgorbio compromissorio e il Partito Democratico andrebbe incontro ad una scissione, con un pezzo consistente della vecchia Democrazia Cristiana che rivede la possibilità di contare senza dovere essere ospiatato in casa altrui. Se non ci si lascia ammaliare dai giochetti, insomma, si capisce che la posta in gioco consiste nel tentare di far vivere sul serio o nel far definitivamente morire una democrazia di stampo maggioritario e bipolare. Nel primo caso occorrerebbe mettere in cantiere ben più che una riforma elettorale, puntando direttamente alla Costituzione, nel secondo vedremmo sparire, in breve tempo, quasi tutte le forze politiche oggi presenti. Potrebbe anche essere una liberazione, se non fosse che sopravviverebbero solo quelle a radicamento regionale e a condotta ribellistica. Non un bel risultato.

Ragionando, quindi, la sinistra politica avrebbe tutto l’interesse a smetterla di subire le suggestione degli alchimisti salottieri, da sempre estranei alla capacità di convincere gli italiani e raccoglierne i voti, riprendendo il ruolo che naturalmente compete a chi fa opposizione e chiedendo l’azzeramento della legislatura (che la vide, ripetutamente, sconfitta). La partita sarebbe aperta e l’attuale diversità di legge elettorale, fra Camera e Senato, un potenziale vantaggio.

Questa sinistra, oltre tutto, potrebbe trarre utile insegnamento da quel che è successo in casa propria quando, avendo invitato il presidente del Senato a discutere, ed avendo quello accettato, ben sapendo di parlare ad una platea non convertibile, l’esercizio non riuscì a causa delle gazzarra orchestrata da estranei. Una sinistra, quindi, non più padrona neanche nelle manifestazioni domestiche. E’ questo che vogliono, o preferiscono tornare a far politica?

La tentazione, presente in ambo le parti, è quella di prendere un po’ di tempo, prima d’arrivare all’esito scontato. C’è chi lo vuole, nella maggioranza, in modo da portare a casa qualche altra, limitata realizzazione. Mentre nell’opposizione si crede che il tempo lavori contro gli avversari, mettendone in luce divisioni e debolezze. In realtà si sposta poco, perché il senso di nausea è diffuso al punto che le elezioni saranno vinte da chi riuscirà a convincere il maggior numero di propri elettori ad andare a votare, non cedendo al rifiuto. Il tempo, quindi, sarebbe solo perso, a danno di tutti.

Condividi questo articolo