Politica

Il veleno del non detto

Qualche volta la ragion di Stato suggerisce qualche bugia, o, almeno, una certa opacità. I cultori della trasparenza assoluta vivono la loro allucinazione solo perché non contaminati dallo studio della storia. Al tempo stesso, giustamente, le democrazie sono strutturate in modo tale che opposizioni parlamentari e libera informazione incalzino chi governa affinché la ragion di Stato non divenga convenienza di parte e l’opacità salutare non si trasformi in ombre infette. Qualche volta, però, si pensa di potere attenuare dei problemi usando versioni di comodo, salvo accorgersi in fretta che, così facendo, li si è complicati. E temo sia questo il cado dei due ostaggi occidentali uccisi nel corso di un’operazione anti terrorismo, in Afghanistan.

Il presidente degli Stati Uniti si è pubblicamente assunto la responsabilità dell’accaduto: un drone che colpisce un obiettivo, ma uccide anche un cittadino statunitense e uno italiano. Ma la responsabilità di cosa, esattamente? Non certo di avere bombardato i terroristi talebani, perché quello è un merito. Dei due morti non voluti? Ma quello è un incidente. Erano due rapiti, forse usati come scudi umani (il che comporta la comunicazione di dove si trovavano). La colpa della fine degli ostaggi è dei rapitori, non di chi li combatte. Allora, di che si assume la responsabilità?

Sto a quanto ha fatto trapelare la nostra intelligence, che è un termine per non usare quello più appropriato, i nostri servizi segreti: stavamo trattando e non eravamo lontani dalla liberazione dell’ostaggio. E’ vero che il rapimento è di tre anni fa, sicché la trattativa è stata lunga e complessa, dovendosi prima di tutto individuare gli interlocutori giusti e verificare che l’ostaggio fosse vivo, ma è anche vero che è morto quattro mesi fa. Non se ne erano accorti? Avevano smesso di trattare o stavano ancora trattando per chi non poteva più essere liberato? Due ipotesi non rassicuranti. A meno che non si pensi alla terza: i nostri stavano trattando, ma gli americano hanno usato intelligence loro e hanno agito senza informarci. A quel punto i nostri si sono accorti del guaio, ma si sono anche resi conto di quanto sarebbe stato pericoloso rivelarlo.

Così è più razionale. Ma ne discende un problema: siamo alleati, prendiamo parte alla stessa missione (guerra), gli ostaggi erano due, ha senso che un Paese agisca senza informare l’altro? Quando lo abbiamo fatto noi è stato poi un militare statunitense a far fuori i nostri agenti. Allora: eravamo stati informati? Tanto più che i cittadini statunitensi morti in quell’operazione, sono due: uno, però, stava dalla parte dei talebani. Allora: Obama si è assunto la responsabilità parlando con noi, o piuttosto parlando con il sistema istituzionale statunitense? Scusate i molti punti interrogativi, ma non è una artificio retorico, bensì la conseguenza di conti che non tornano.

Fatto è che il capo del nostro governo si ritrova alla Casa Bianca. Due giorni prima che fosse chiara l’identità dei morti, o la notizia è stata resa pubblica due giorni dopo? Quella visita ha contorni non chiarissimi. La stampa statunitense l’ha ampiamente snobbata, il che non mi colpisce perché immagino il mio Paese sia centrale nella vita degli americani, ma perché è aperta la crisi libica, è pendente la guerra siriana e ogni giorno si misurano le conseguenze degli errori occidentali (e statunitensi) nel corso delle così dette primavere arabe. Posto che il nostro governo chiedeva (senza ottenerla) copertura per la Libia, c’era materia perché la cosa fosse discussa anche dagli opinionisti americani. Invece no. A parte le pacche, qual è il risultato di quell’incontro? Sembra paradossale, ma il prolungarsi della nostra missione in Afghanistan. Allora è lecito chiedersi se, per caso, non si sia fissato quell’incontro proprio per potere poi diffondere una notizia già nota, benché ancora classificata (segreta). Mentre considero un’offesa al buon senso supporre che i due presidenti non abbiano affrontato il problema.

Non ho elementi, se non quelli che visibilmente mancano. Mi fa ragionare non quel che so, ma quel che non è stato detto. Nel non detto c’è troppo veleno, però. Perché se le cose stessero come vengono rappresentate noi saremmo una specie di legione straniera statunitense, chiamata ad agire ma priva del peso per trattare. Il mio cuore a stelle e strisce subirebbe un infarto, se così stessero le cose. A questo devo aggiungere che Matteo Renzi non s’è risparmiato un pessimo passaggio sul perché Romano Prodi non sarebbe stato scelto quale mediatore per la Libia, ovvero a causa del fatto di avere governato un Paese in buoni rapporti con Gheddafi. Detto da un lapiriano, la cosa inquieta. I rapporti con il dittatore libico, intrattenuti da tutti i governi italiani, erano strumentali alla nostra sicurezza energetica. E’ una colpa? Non credo proprio, e se lo fosse meglio non elencare con chi altri s’intrattennero, nel mondo. Attenti, quindi, a non giocare con quelli che sono gli interessi indisponibili dell’Italia. A non concederli in cambio di pacche. E a non usare l’opacità sperando di rendere più semplici le cose, che così diventano maledettamente più complicate.

Pubblicato da Libero

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