Politica

Il vento e lo spiedo

La legislatura è comunque cotta, non c’è vento cangiante che tenga, ma chi ha acceso il fuoco è finito arrostito. La partita sulla fiducia al governo è aperta perché quella del ribaltone è persa, e i congiurati devono la sconfitta all’avere inseguito la detronizzazione senza possedere neanche uno straccio di disegno politico, senza disporre di un minimo accordo programmatico alternativo. Ancora una volta le comparse si sono dimostrate tali, qualificandosi non per quel che recitano ma per la distanza che tengono dal protagonista: Silvio Berlusconi. Il quale ultimo, da giorni, è stato protetto dal suo più acerrimo nemico: sé stesso. Tacendo, prevale. Capire quel che accade in queste ore serve a farsi un’idea del futuro prossimo.

Gianfranco Fini si è rivolto al pubblico con un messaggio registrato. E’ la seconda volta che lo fa, e per la seconda volta manifesta la propria debolezza. La prima chiese a tutti di fermarsi, nel mentre si discuteva di case monegasche, ora chiede al presidente del Consiglio di governare, come se non fosse lui il principale oppositore. La sinistra si associa nella più plateale e grottesca contraddizione: volere far cadere il governo e pretendere che approvi la legge di stabilità, per il bene del Paese. Ma se è un bene approvare la politica economica, perché dovrebbe poi cambiare il governo? Giorgio Napolitano, almeno, prima parlando ai medici per l’Africa e ieri dell’infanzia e della cultura, ha avuto parole assai severe contro quella legge. Ha alzato palle ghiotte, ma i giocatori sono sfatti e ciucchi, non le pigliano.

Il tema rivelatore è stato quello della legge elettorale. Nel variopinto mondo dell’antiberlusconismo è tutto un vociare (quasi sempre per le ragioni sbagliate) contro la legge attuale. Bene, provino a fare una proposta. Impossibile, perché non solo ciascuno la pensa a proprio modo, ma si riserva di fregare il vicino di coalizione, sicché la legge attuale è l’unica che consente ai gruppi dirigenti di scegliersi i gruppi parlamentari. Cancellate il porcellum e Nichi Vendola riuscirà a far perdere voti alla sinistra, ciucciandole via, però, tutti i posti. Gli oppositori, pertanto, non sono in grado di restare assieme né per fare una finanziaria né per scrivere la legge elettorale. E allora?

Questa armata brancaleonesca è andata all’assalto, mettendo assieme risentimenti personali e velleità politiche, cercando di trovare la sintonia con quei palazzi, in Italia e all’estro, che puntano al commissariamento della democrazia. Avevano due speranze: che il centro destra si sfarinasse, offrendo ai burattini la salvezza, aiutandoli a fuggire da Mangiafuoco, e che la Lega si smarcasse, pugnalando alle spalle l’alleato. Non è successo, con il risultato che ora si sfarinano gli sfarinatori, che fra poco si accoltelleranno a vicenda. C’è una sola cosa, insomma, che ancora li tiene uniti, la stessa che consente al Partito Democratico di non subire scissioni a catena: Berlusconi. Risultato desolante, per i presunti liberatori dal medesimo.

Ripeto, però, quanto affermato all’inizio: chi voleva cucinare Berlusconi s’è spiedato con le proprie mani, per manifesta insufficienza e incapacità, ma la legislatura è pronta per essere scolata. Non si ripiglierà. Per tante ragioni, che in queste settimane abbiamo ripetutamente snocciolato.

Verso le elezioni e dopo le elezioni vedo tre elementi, che indico lasciandoli, per oggi, al giudizio di ciascuno: 1. la sinistra esiste come agglomerato d’interessi fossilizzati e di rifiuti sbandierati, ma non come alternativa politica; 2. la Lega ha un ruolo politico sempre più grande, ma anche un peso istituzionale corrispondente (anche i colpi contro la camorra e la ‘ndrangheta contribuiscono a far crescere la considerazione verso il ministro Roberto Maroni, come la valutazione della sua penetrazione istituzionale); 3. guardatevi attorno, osservate la geografia elettorale, a cominciare dalle ultime amministrative, l’unica forza politica nazionale rimasta è quella berlusconiana, vale a dire un prodotto, non un motore dell’Italia odierna.

Nuove forze e nuovi interessi saranno chiamati al governo del Paese. Ancora oggi sono soffocati dall’inutile longevità di una classe dirigente che non è stata e non è all’altezza.

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