Votare non sarebbe un male. Di sicuro non è neanche la soluzione dei nostri problemi, che nella loro concretezza e immediatezza vivono lontani dal soporifero agitarsi del piccolo mondo politico. Nella vita si sceglie non fra il bene e il male, in assoluto, ma fra il meglio e il peggio. Come fa ad essere meglio l’andare avanti con il Parlamento più trasformista della storia, la cui operatività è legata ai tradimenti e ai ricatti? Matteo Renzi può pure pensare di coagulare una maggioranza aggredendo la propria minoranza e blandendo le emorragie altrui, ma quale pensa possa essere il risultato legislativo e governativo? Se il timore è quello di perdere la riforma costituzionale, la veda come una fortunata opportunità: quel mostriciattolo (che tanto piace a nonno Napolitano) è destinato a scassare quel che ancora regge, perché un Senato nominato dalle regioni sarebbe il distillato del peggio, mentre uno eletto dal popolo, ma senza il potere di dare o negare la fiducia, si tradurrebbe in una trincea infida, ove ogni pretesto diventa buono per rivalersi.
Votare, poi, aiuterebbe il duo anomalo, se non altro facendo sembrare che riescono a trovare una sintonia su cose un filino meno indecenti delle nomine Rai. Renzi e Silvio Berlusconi ci pensino. Se si votasse prima del luglio 2016, comunque prima che si consolidi il Senato dissennato, la legge elettorale in vigore sarebbe quella modificata dalla Corte costituzionale (detta “consultellum”): un proporzionale con barrage al 4% per la Camera e all’8% per il Senato. Se la si usasse sarebbe possibile, per il Partito democratico di Renzi, ricevere il mandato popolare. Sarebbe la prima volta, perché la maggioranza attuale è composta da voti raccolti da Bersani, Berlusconi e Monti. E’ vero che gli elettori non votano per il governo, ma è pure vero che il governo in carica non è manco parente di quel che fu proposto agli italiani e che votammo. Se il vantaggio elettorale di Renzi, manifestatosi alle europee, non si dimostrerà troppo consumato dal chiacchiericcino incessante, il suo Pd potrebbe essere il partito di maggioranza relativa. Berlusconi, dal canto suo, votando con il proporzionale, potrebbe lasciare la Lega libera di battere le lande del voto esagitato, nel frattempo liberandosi da amputazioni ciondolanti e prive di voti. Europee e regionali hanno dimostrato l’inconsistenza elettorale di formazioni (Ncd) che pure siedono al governo, o di altre (verdiniani) che ora si candidano ad essere determinanti al Senato. Non è poco.
Come la si mette con il vasto voto di protesta e con l’astensione? Ci saranno. Non è neanche un male, perché in democrazia non sono gli elettori a sbagliare, semmai chi non è in grado di proporre loro pietanze ragionevolmente deglutibili. Ma con il proporzionale il rischio è gestibile, perché nessuno prenderà la maggioranza assoluta degli eletti, sicché si dovrà fare un governo di coalizione. Quello che accompagna tutta intera la storia italiana. E quando la abbandona son dolori.
L’alternativa a questo scenario consiste nel tirare avanti così, continuando a sprecare occasioni irripetibili per la ripresa economica. Tirando a campare, inoltre, o si fa saltare tutto sulla riforma costituzionale ed elettorale (scioccamente e avventuristicamente anteposta), e siamo da capo, oppure si trasforma il premio di maggioranza a un partito nel premio di maggioranza a una coalizione. Ma il problema non è mica chi lo prende, il problema è il premio. Perché le democrazie possono avere leggi elettorali maggioritarie, ma non premi di maggioranza che consegnano il potere alle minoranze. Perché il premio di maggioranza è incompatibile con la libertà del parlamentare e l’assenza di vincolo di mandato, producendo il troiaio che abbiamo sotto gli occhi: transumanze belanti che suppongono d’essere ruggenti.
No, votare non è la soluzione dei nostri mali. Ma pensare di andare avanti in questo modo, selezionando nomine di gente che non sa quel che dice, o producendo legislazione che contiene quasi esclusivamente deleghe a legiferare, il tutto a colpi di decreti e fiducie, è un male in sé. Forse possiamo risparmiarcene una porzione.
Pubblicato da Libero