Politica

Il voto e la realtà

I voti sono stati contati, i risultati saranno riverificati, molti commenti sono stati scritti, ma non ho letto alcune considerazioni “fredde” e scomode. Le cose stanno così: dal 1948 al 1992 i governi della Repubblica non hanno mai perso le elezioni, dal 1994 al 2006 non le hanno mai vinte. Vorrà pur dire qualche cosa.

Nella storia della Prima Repubblica le maggioranze si allargavano in Parlamento, come nel passaggio dal centrismo al centro sinistra, ma gli elettori non hanno mai fatto mancare il loro sostegno e la maggioranza assoluta dei voti non mancò nemmeno nel 1992. Dopo di che fu il colpo di mano, e due anni appresso i vincitori erano spariti dalla scheda elettorale. Nella storia della Seconda il governo più votato è l’ultimo governo Berlusconi, in gran parte vittima della legge elettorale che ha voluto (e credo di essere l’unico ad avere detto e ridetto che quella legge non è affatto proporzionale, ma assai più maggioritaria del Mattarellum, come si è dimostrato, a tutto vantaggio di chi si era opposto). Il che significa che la Seconda Repubblica, alla faccia del bipolarismo, è una fucina d’instabilità.

E’ inutile, anzi, è da ignoranti citare i casi statunitensi o quelli inglesi, o quelli tedeschi per dire che chi vince governa, anche se ha uno scarto minimo di parlamentari, perché è determinante il sistema istituzionale. La nostra non è una Repubblica presidenziale, non c’è la sfiducia costruttiva, è una Repubblica Parlamentare dove il governo può cadere in ogni momento, se viene meno il rapporto di fiducia con il Parlamento. Qui c’è un sacco di gente che non lo ha capito, che crede di essere da un’altra parte e con altra storia, che è stata presa dalla sindrome che colpisce le signore con taglia divenuta 46 che comperano, per principio, i vestiti taglia 42, con il risultato d’essere ridicole. Quando Prodi dice d’avere vinto e di essere in grado di governare per cinque anni non è solo fuori dalla realtà, non solo, come Carosone insegnava, vo’ fa’ l’americano, ma condanna tutta la sua coalizione o al macello parlamentare o al peggiore galleggiamento democristiano. E, ancora una cosa, nei Paesi dove si governa con un voto di scarto l’esecutivo è fortemente controllato e non dispone di penetrazioni proprie nel mercato economico, da noi l’esatto contrario, appunto.

In tutto questo si continua a ripetere che l’Italia è spaccata in due, ma se si guarda dentro il risultato elettorale si scopre che la grande maggioranza degli elettori ha votato in modo ragionevole e moderato, salvo veder distorcere le proprie opinioni dalla forza di un bipolarismo retto tutto sulla persona di Berlusconi. Se esistesse la politica, e se si volesse salvare il lato buono (che c’è) del bipolarismo, oggi si sospenderebbero le ostilità e si darebbe vita ad un governo capace di fare quel che le forze politiche non sono neanche in grado di dire. Invece si salverà il lato cattivo, artificiale, del bipolarismo, si metterà in piedi un governo senza maggioranza nel Paese (cosa che avrebbe fatto inorridire Enrico Berlinguer) e, con questa zavorra, si manderà a picco la Seconda Repubblica.

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