L’immunità parlamentare non serve a difendere le persone, ma le istituzioni. Non ha nulla a che vedere con la condivisione di quel che un parlamentare avrebbe fatto, non è un gesto di solidarietà, ma una valutazione istituzionale sugli intenti del procedimento cui è sottoposto. Il voto del Parlamento europeo, circa il procedimento ungherese che riguarda l’onorevole Salis, non riguarda in nessun modo una valutazione della persona. Almeno così dovrebbe essere.
I parlamentari italiani che voteranno affinché Salis sia coperta da immunità ritengono giusto che in Italia quell’immunità sia stata cancellata. Fra quanti negheranno l’immunità ve ne sono che sostengono la necessità che l’immunità sia estesa anche ai funzionari governativi, dopo averla cancellata per i parlamentari. Non essendoci immunità al ridicolo e all’orrido, si spera la cosa sia evidente.
Neanche si tratta di votare se il sistema giudiziario ungherese sia affidabile. Cosa di cui è lecito dubitare e riguarda non solo una parlamentare, bensì tutti i cittadini, sicché la misura non è garantire l’immunità, ma portare a termine una procedura d’infrazione.
Il tema della decisione è se il procedimento penale ha a che vedere con le opinioni espresse e se lo stesso intende punire un presunto reato o le idee di quel parlamentare. Nel secondo caso, che pare piuttosto evidente, non solo si conferma l’immunità, ma a maggior ragione la si ribadisce se non si condividono le idee di quel parlamentare. Come a me capita.
Davide Giacalone, La Ragione 23 settembre 2025
