Veltroni viene eletto segretario dei DS, e va a inginocchiarsi sulla tomba di Giuseppe Dossetti. Marini, intanto, gli consiglia di andare a inginocchiarsi sulla tomba di Lenin, in modo da tenere sotto controllo quegli elettori di sinistra che gli sfuggono. E Prodi, che non vuole inginocchiarsi sulla propria tomba, si ritrova con Di Pietro ed i sindaci, fantasmi dell’Ulivo che fu.
Richiamo questi fatti funerari non per passione cimiteriale, ma perché nascondono un problema serio, che coinvolge tutti e quali che siano i congiunti cui si rende omaggio il 2 novembre. E’ il problema dell’irrisolto bipolarismo all’italiana.
Che il cuore di Veltroni fosse scuro di disperazione per la scomparsa (neanche recente) di Dossetti è cosa nella quale non crede nessuno, neanche lui. E, del resto, se si è tristi non si dirama un comunicato stampa, facendosi accompagnare al sepolcro dai fotografi. Il messaggio che il neosegretario necroforo ha inviato è il seguente : mi iscrissi al partito comunista italiano, ma non sono mai stato comunista; scrissi un liberculo su Kennedy (Robert), ma mi guardo bene dal condividere la politica kennedyana; sono un pluralista, quindi, ed anche i cattolici, pure i preti, possono trovare il loro spazio sotto la grande quercia che oggi ho l’onore di accudire.
A noi non interessa sapere se tale pretesa sia fondata : la cosa non ci riguarda. Quel che sappiamo, però, è che tale pretesa è l’esatto contrario del bipolarismo. Il bipolarismo, difatti, propiziato da leggi elettorali maggioritarie, richiede l’aggregarsi elettorale di forze che, pur riconoscendosi (si spera) in un programma comune, rimangono diverse. Il bipolarismo non si impianta sui partiti unici, né da una parte né dall’altra. I partiti unici, semmai, sono figli della storia, ma figli di una storia che noi non abbiamo e che non possiamo (e perché dovremmo?) darci.
Non è un caso, infatti, che alle mosse luttuose di Veltroni siano seguite le maledizioni di Marini. Se Veltroni riuscisse nell’intento Marini dovrebbe chiudere bottega, ma dato che egli non lo desidera, ne consegue che, per garantirsi un’identità, viene costretto a marcare le differenze, il che, appunto, nuoce al bipolarismo. Nuoce perché il sistema regge quando le differenze le riconosce, non quando le spinge a farsi valere. In questo secondo caso esplode.
Romano Prodi, invece, con la sua proposta di presentare liste dell’Ulivo alle elezioni europee, con il suo desiderio di rinsaldare la coalizione elettorale che raccoglieva le diversità, mostra sì, com’è naturale, di volere far sopravvivere un qualche proprio ruolo, ma mostra anche di credere nel bipolarismo.
Non è un caso che sia rimasto solo.
I grandi clinici insegnano che i sintomi non sempre indicano in maniera chiara la malattia : talora traggono in inganno, simulano mali che non ci sono e ne nascondono di reali. Ecco, dietro la veltroniana idea del grande partito che raccoglie tutto c’è la cossighiana intuizione che il maggioritario può essere burlato. Decida ciascuno quale sia il sintomo e quale la malattia.