Marcello Dell’Utri è un parlamentare del Pdl, amico e collaboratore di Berlusconi fin delle prime avventure imprenditoriali. Ha in corso un procedimento penale, accusato di essersi messo al servizio della mafia. Non c’è ancora un giudizio definitivo (come al solito, in terribile ritardo sulla realtà e la civiltà), quello provvisorio è per lui negativo. Dell’Utri chiede una commissione parlamentare d’inchiesta, che aiuti a capire lo stragismo mafioso dei primi anni novanta, delineandone i contorni, le finalità, le aderenze. Proposta opportuna. Per quanti sono abituati a ragionare secondo le regole della tifoseria, immagino che sia da rigettare, magari perché sospettata di volere buttare tutto in caciara e politica. Sbagliano, e basterà riflettere anche su un solo punto: c’è una sentenza definitiva, una realtà giudiziaria accertata, relativamente alla bomba che uccise Borsellino e fece strage della sua scorta, ci sono i pentiti, c’è la conforme tesi della procura, ma quella sentenza è smentita dai fatti, è sbagliata. La verità, pertanto, è ancora tutta da indagare.
Perché farlo in sede politica? Lo spiega bene Luciano Violante, con la sua condotta. Ho già messo in evidenza la sospetta stranezza di quel che ha fatto: se ne sta zitto per molti anni, nel mentre gli altri s’arrovellano attorno all’ipotesi che sia stata possibile una trattativa fra Stato e mafia, poi, all’improvviso, mentre pare possa uscire qualche foglio vergato da Vito Ciancimino, mafioso e politico, si precipita a Palermo e mette a verbale che l’ex sindaco gli chiese un colloquio, che lui rifiutò, per il tramite del carabiniere Mori, oggi generale. Ammesso che sia vero, è gravissimo. Tanto il fatto quanto l’incredibile memoria tardiva. Una commissione parlamentare d’inchiesta rileggerebbe questa storia, al di là dei suoi eventuali aspetti penali, e, già che c’è, rileggerebbe anche i verbali della commissione antimafia presieduta da Violante, nei quali s’intravede una versione opposta: fu Violante a chiedere di parlare a Ciancimino, e lo chiese a Mori.
I teoremi li studiavo a scuola, non li maneggio per alimentare né il giustizialismo né la cultura del sospetto, ma i conti che non tornano sono troppi, talché l’ipotesi di un accertamento parlamentare, possibilmente serio, è da considerarsi doverosa.