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giacalone editoriale 5 dicembre la ragione

Non è la Consulta ad avere creato problemi al regionalismo differenziato, ma la condotta inconsulta della maggioranza che l’ha approvata, in gran parte non condividendola. Al punto che, lette le motivazioni della sentenza costituzionale, il vice presidente del Consiglio e capo di Forza Italia, Antonio Tajani, ci tiene a far sapere che aveva avvertito gli alleati che quei punti si sarebbero prestati alla bocciatura. Che è anche come dire che ha ripetutamente votato e fatto votare un testo che riteneva sbagliato.

Adesso si crea una condizione non meno irragionevole: da una parte la maggioranza si sente sollevata dal non dovere affrontare il referendum abrogativo di quella legge, richiesto da alcune Regioni e da una raccolta di firme popolari; dall’altra, però, se fosse fondata la tesi che sostiene la Lega per voce di Roberto Calderoli e di Luca Zaia – secondo cui la sentenza costituzionale non ha affatto cancellato la legge (e questo è indubbio), considerandola costituzionale e lasciandola in vigore nei suoi tratti fondamentali (e questo è meno indubbio) – allora i due referendum, unificando i quesiti, sarebbero legittimi e si dovrebbero chiamare gli elettori, cancellando così il sospiro di sollievo.

Non è la sola contraddizione. Posto che la decisione spetta alla Corte costituzionale, preposta a determinare l’ammissibilità o meno dei quesiti (il giudizio della Cassazione è solo relativo alla legittimità formale delle richieste e alla sussistenza della legge), ne deriva che se il referendum sarà ammesso il solo modo per evitarlo consisterà in una nuova formulazione della legge Calderoli, da vararsi entro la data fissata per la consultazione. Quindi piuttosto in fretta. Ma quanti nella maggioranza già deglutirono a fatica il testo che non apprezzavano e però approvavano, ora ci tengono a far sapere che c’è tempo fino alla fine della legislatura, il che sarebbe incompatibile con l’obiettivo di evitare il referendum.

Non è finita, perché una settimana fa – giovedì 28 novembre (quindi dopo la sentenza costituzionale) – nel corso della prima lettura in Senato del decreto fiscale è stato approvato un emendamento che prevede l’istituzione di un «tavolo tecnico» (che cosa sia un simile tavolo appartiene al linguaggio onirico con cui si legifera) «al fine di osservare l’andamento delle grandezze finanziarie delle Regioni e delle Province autonome alla luce della nuova governance europea». Il che (tralasciando ancora la prosa) non significa un controllo di legittimità – che rimane, e ci mancherebbe altro – nelle sedi giurisdizionali ma di linearità, opportunità e congruità. Tradotto in linguaggio più semplice, significa che ci sarà un’altra sede in cui sindacare le spese delle Regioni, il che non va in direzione di una loro maggiore autonomia ma in quella opposta. Tenuto conto che il controllo non si riferisce, come in passato, solo alla spesa sanitaria (che assorbe fra il 70 e l’80% delle spese regionali) ma a tutte.

A tale condotta contraddittoria e inconsulta si aggiunga che sostenere che il referendum è reso superfluo dalla sentenza costituzionale equivale ad ammettere che si era consapevolmente calcato il terreno dell’incostituzionalità.

Nel frattempo la riforma costituzionale intitolata al premierato è uscita dai radar parlamentari, tanto più perché sarebbe stata accettata dalla Lega solo in quanto fosse già passato il regionalismo differenziato (che è nella condizione descritta), sicché dei tre pilastri rimane soltanto la separazione delle carriere dei magistrati. Vedere approvare quella riforma sarebbe cosa bella, al punto da rendere meno severo il giudizio su tutto il resto. Quella proposta, elaborata dal ministro Nordio, meriterebbe una considerazione meno frettolosa e ostativa da parte delle opposizioni. Sia perché è giusta, sia perché negoziare qualche emendamento e condividerla finirebbe con il mettere in maggiore evidenza che di tre ne passa solo una e bipartisan. Il che creerebbe alla maggioranza più problemi che non il muro contro muro.

Davide Giacalone, La Ragione 5 dicembre 2024

 

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