Politica

Incoscienza nello shaker

Non si deve aver paura delle manifestazioni, ma del clima nel quale si svolgono. Del cortocircuito culturale e politico dal quale l’Italia è folgorata. Gli studenti hanno dato vita a cortei come tanti altri ne abbiamo visti, più o meno come quelli cui prendevamo parte (a noi toccò una stagione di sangue), con tanta voglia di essere “contro”. Ieri erano contro i tagli alla spesa scolastica e, naturalmente, contro la politica governativa. Ditemi quando mai non è stato così? Dovrebbero, invece, protestare contro una scuola che costa troppo rispetto a quel che vale, per un sistema dell’istruzione in cui gli insegnanti e gli studenti più bravi siano premiati, per una formazione che avvicini il sapere al saper fare, quindi la cultura alla produzione. Invece sono ancora fermi a pregiudizi che erano vecchi e perdenti nell’ottocento. Ma non è questo il punto, bensì il loro chiassoso passaggio dagli uffici milanesi di Moody’s. Il Paese è ridotto a secco pagliaio, pronto per le fiamme.

Che divampino è reso probabile dall’imperizia e incoscienza di molti. Dalle nostre parti è cresciuta una micidiale contraddizione: da una parte si condanna il mercato, preferendo le gestioni pubbliche a quelle private, dall’altra si condanna la politica, considerando inetti, quando non direttamente farabutti, gli eletti e gli amministratori. Su quanto sia alta la sfiducia verso la politica non sto ad argomentare, posto che anche a Barletta i politici se ne devono scappare sotto le grida di “assassini”, dopo che a provocare i morti è un crollo provocato da lavori edilizi che dovevano essere fermati (e chi fa riferimento al “lavoro nero” è solo un arruffapopolo in malafede). Se si va a votare sulla gestione dell’acqua, però, arriva un plebiscito a favore delle municipalizzate e dei trombati messi nei consigli d’amministrazione. Non ha senso, neanche minimo.

Molti dei ragazzi che stanno per laurearsi, a Milano e non solo, vorrebbero tanto andare a lavorare a Moody’s, considerandolo un bel posto in cui fare esperienza e conoscere la finanza. I loro colleghi più giovani rivolgono all’agenzia accuse roventi, che sono poi le medesime di chi difende i governi e se la prende con i giudizi sui conti anziché con i conti. Loro, però, i governi vorrebbero abbatterli. E la somma non fa il totale.

Non mi sogno di rimpiangere gli anni dell’ideologizzazione totalizzante. Il tramonto di quelle culture fanatizzate e para-religiose è stato un fatto positivo. Ma oggi il tasso di protesta cresce al decrescere delle idee politiche. E questo è un male, grave. L’opposizione che sa solo parlare in negativo uccide la speranza di futuro. La sinistra lasciata in mano a giustizialisti d’estrema destra compromette ogni alternativa. Gli imprenditori che s’atteggiano a descamisados rendono palese l’assenza di classe dirigente. Il presidente del Consiglio che si trova in difficoltà per la propria condotta privata e pensa di rimediare battuteggiando sulla gnocca dimostra d’essere in un vicolo cieco. I suoi cortigiani che pensano sia giunto il loro momento, supponendo d’esistere e d’essere capaci di resistere (alcuni di loro sono illusioni ottiche, altri sarebbero soffiati via in millesimi di secondo, non appena il paravento dovesse venir meno), dimostrano d’essere incapaci alla nascita.

Questo vuoto, agitato e agitante, si dimena su un Paese che ha sentito raccontare la crisi quando ancora nelle tasche c’erano soldi e i consumi reggevano, e sente favoleggiare di ripresa nel mentre si sono impoverite e si devono fare delle rinunce. Mettete tutto nello shaker, considerate l’invidia sociale, la rabbia dei falliti che (come con le squadracce nere d’un tempo) finalmente trova un alibi non intrinseco alla propria incapacità, aggiungete l’ottusità indecente di una classe politica che non riesce a tagliare neanche l’inutile della propria arroganza, condite con i mezzi d’informazione che diffondono qualunquismo e immagini festaiole perfettamente adatte a farlo gonfiare, agitate anche solo un po’ e vedrete che, prima o dopo, scoppia.

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