Bisogna prendere le distanze da una confusa mistica degli “eletti”, come se l’essere stati votati consegni un potere che non debba essere sindacato. Ci si deve tenere lontani dalla denigrazione dei “non eletti”, perché ci sono funzioni che non devono essere assegnate secondo gli umori cangianti, ma sottoposte alle leggi (che riflettono gli umori, ma nel tempo). In uno Stato di diritto – la migliore forma esistente di convivenza civile – il potere non si concentra mai in un solo posto e meno che mai in una sola mano, ma si incastona in un mosaico di pesi e contrappesi. Ciascuno indipendente dall’altro.
Tutte le componenti di una società libera, ivi compresi il potere dei soldi e quello dell’informazione, sono come treni che conducono contemporaneamente alla medesima stazione, di arrivo e partenza della vita collettiva. Questa dinamica è positiva e largamente preferibile a quella in cui circola un solo treno con un solo capo, giacché questa seconda versione sembra più ordinata ma ha generato e genera morte, miseria e oppressione. Affinché i treni alimentino la circolazione è però necessario che ciascuno viaggi sul proprio binario, altrimenti si va al disastro.
Riferendosi a una vicenda italiana, Elon Musk ha ruvidamente detto che non possono essere i giudici, non eletti, a condizionare la politica immigratoria di un Paese. Lo stesso Musk, che era e resta un non eletto – benché abbia preso parte attiva alla campagna elettorale statunitense e sia in predicato di assumere una responsabilità di governo, anche in quel caso da nominato e non da eletto – ha poi dato indicazioni agli elettori di altri Paesi su quali sarebbero i partiti migliori, di estrema destra, da votare. Può farlo? Lo ha fatto e comunque sì, è nel suo diritto. Ma questo riporta agli equilibri necessari in uno Stato di diritto.
Il legislatore – in un Parlamento ove siano rappresentate e tutelate le opposizioni – ha il compito di fare le leggi. Al governante spetta il potere esecutivo. Il giudice deve essere indipendente sia dal legislatore che dal governante. E sì, rappresenta un contropotere, eretto a difesa dei diritti individuali e sociali. Il giudice deve attenersi alle leggi, ma non a quella che piace di più al potente di turno, bensì all’intero corpo legislativo. Se le leggi sono troppe e contraddittorie fra loro il problema è del legislatore, non del giudice.
L’impresa deve essere libera, come libera è l’espressione del pensiero. Musk può dire quello che gli pare. Ma nel momento in cui gli ineletti – il giudice o il ricco – si avvicinano a un ruolo politico devono essere separati dal potere che detenevano proprio in quanto indipendenti dal potere politico. Nel caso del giudice, questo precede il giorno della candidatura e dovrebbe impedire espressioni di parte da chi deve essere considerato fuori dalle parti. Nel caso del potere economico, non si tratta di espropriare ma deve essere costante il controllo affinché non distorca il mercato economico e quello delle idee, acquisendo la forza per fermare la concorrenza o indirizzare le opinioni altrui.
Il treno non deraglia se il potere d’influenza non diventa forte al punto da svellere i binari altrui. E mentre per l’informazione stampata o trasmessa esistono leggi antitrust e responsabilità, per l’enorme potere digitale no. Questo è un guaio cui si deve rimediare, perché corrompe la vita pubblica e mina la democrazia sbandierando un falso e velenoso vessillo di libertà. Tocca ai cittadini, a noi tutti, averne consapevolezza e rifletterla nel votare, perché sono il legislatore e l’esecutore a dovere aggiornare le regole e il giudice a doverle far valere.
Il legislatore che impedisce la libera impresa è nemico della ricchezza, quello che non impedisce la concentrazione del potere economico e informativo è nemico della libertà e della democrazia. La gradazione appartiene alle opinioni, ma pensare che un ricchissimo possa acquistare lo strumento per corrompere la realtà non è un’opinione: è un attentato alla stazione.
Davide Giacalone, La Ragione 2 gennaio 2025