Politica

Intercettare lo spiraglio

Il fiume delle intercettazioni telefoniche, alimentato dal diluvio inutile e pettegolo degli ultimi giorni, ha rotto gli argini della generale omertà e posto alla politica un problema non rinviabile: la legge deve essere cambiata. Diciamo che, prima, la si sarebbe dovuta rispettare, ma, appunto, visti i risultati, è segno che contiene indifendibili debolezze. La scelta del governo, resa nota per bocca del ministro della giustizia, secondo la quale non si punta al decreto legge, ma alla discussione parlamentare, ho spinto il Partito Democratico ad uscire allo scoperto, portando Pier Luigi Bersani a dirsi disposto ad ogni confronto, ritenendo necessario un provvedimento correttivo. Questa è la novità politica, di non poco conto. Il solo fatto che il tema s’imponga, e in questo modo, segna una rottura con la copertura sempre e comunque offerta alla magistratura dagli avversari politici degli indagati di turno. E’ un passaggio positivo.

Non ancora sufficiente. Come vedremo, fra breve, il tema non è correttamente impostato. Ma, almeno, è all’ordine del giorno, si accetta di discuterne, si afferma che idee ed esigenze diverse dovranno confrontarsi. E’ molto, con i tempi che corrono.

Nella posizione della sinistra c’è un elemento corretto: non ha senso incaponirsi a punire chi pubblica. Lo diciamo da sempre, senza per questo rinunciare a condannare un giornalismo velinaro e asservito alle procure. Ma se una carta giudiziaria circola il problema va affrontato esaminando chi l’ha messa in circolazione e quale legge lo consente (sebbene con il raggiro del “deposito”), non mazzolando chi la mette in pagina. Posto ciò, non basta dire, come sostiene Bersani, che non si devono rendere pubbliche le intercettazioni non rilevanti. Perché è fin troppo facile obiettare: e chi giudica se sono irrilevanti? Potrebbero esserlo per l’accusa e non per la difesa, sicché offrire alla procura la possibilità di negarle alla controparte vizierebbe alla nascita il procedimento penale. Ma se il deposito avviene, perché si possa valutare, state sicuri che, in queste condizioni, rilevanza e irrilevanza saranno temi discussi nei bar, dopo la lettura pubblica.

C’è bisogno di scelte più radicali, che salvaguardino sia la necessità di garantire la sicurezza collettiva (chi si lamenta se s’intercettano potenziali terroristi, magari senza scoprire nulla di significativo?), sia i diritti delle parti. Una proposta già la illustrammo: le intercettazioni sono strumenti d’indagine, che non costituiscono prova e, pertanto, non vanno depositate. Si ascolta per scoprire la prova, ma quel che gli intercettati dicono non lo è. Ciò fa cadere ogni fumoso distinguo fra rilevanza e irrilevanza, accedendo a categorie più concrete: utile o inutile. Comunque sempre riservato e non pubblicabile.

Se una discussione seria sarà avviata, se lo spettacolo osceno di questi giorni indurrà la politica ad un minimo di ragionevolezza e dignità, ci sarà modo di argomentare proposte concrete. Il segnale di ieri è positivo, ma va coltivato. Bersani ha fatto esplicito riferimento alla proposta di legge firmata da Finocchiaro e Casson, del suo partito. Non mi convince, non è una soluzione, ma è un buon inizio di discussione. Tocca al governo, adesso, presentare una proposta ben concepita, che sia efficace e non pretestuosa, che abbia l’ambizione di una soluzione generale e non di un tampone specifico. Se la P4 riuscirà ad essere occasione per una condotta seria e propizierà una legge saggia avrà dimostrato, sebbene involontariamente e neanche esistendo, la sua potenza.

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