Politica

Intercettazioni e politica

No, non è una questione di privacy, o non solo di questa. E’ ben altro quello che s’agita sul fondale fangoso d’un Paese che, ancora una volta, dipende e penzola dalle carte che fuoriescono dalle inchieste giudiziarie. Proprio a partire da quelle taluni s’atteggiano a moralisti, proprio criticando il linguaggio degli intercettati si sentono migliori, più sani e grammaticati, essendo, invece, il riassunto della schifezza.

Il fatto che messaggi intimi, d’amore, siano finiti sulla stampa è riprovevole. Ma non basta, il fatto che degli intercettati vengano svelati presunti reati (in quale anno si farà il processo, se si farà?) ed anche intenzioni, opinioni, progetti di lavoro, a tutto beneficio dei loro concorrenti e nemici, è rivoltante. E non basta ancora, il fatto che intercettando alcuni si possano sputtanare altri, formalmente e sostanzialmente estranei all’inchiesta, è ripugnante. Ed oltre, il fatto che si possano largamente coinvolgere familiari di soggetti neanche indagati, facendone dei protagonisti e, in questo modo, esercitando un volontario od involontario ricatto nei confronti dell’intera famiglia, è vergognoso. Che i giornalisti scrivano che le pagine delle intercettazioni sono migliaia, ma, poi, tutti assieme ed in coro, pubblicano gli stessi brani, neanche sempre pertinenti, è, infine, il coronamento dell’innata propensione al servilismo ed al velinarismo.

No, non è una questione di privacy, quello cui si sta assistendo è un inquinamento massiccio della nostra vita pubblica ed economica, con quella politica che farfuglia scempiaggini, oramai ridotta all’ombra di se stessa. A roba di questo tipo si dovrebbe reagire con una rivolta delle coscienze che, però, in questo Paese sono drogate e sopite da tempo.

Il tutto, si badi e lo ripeto, senza aggiungere molto alla sostanza delle cose, che erano e sono esposte nella parte centrale della vetrina, non nascoste nel retrobottega: dalla condotta disdicevole del governatore della Banca d’Italia all’uso di uomini di dubbia caratura; dalle scalate a debito a banche troppo esposte e, quindi, infedeli ai loro doveri. E’ tutto lì, davanti agli occhi di chi vuol vedere. Ha ragione Massimo Dalema a dire: sono le stesse persone della scalata a Telecom Italia, gli stessi che ancora siedono in quella proprietà, possono andar bene in certi casi e male in altri? Giusto, a me andarono e vanno male, ed ho lavorato al racconto di fatti che gli stessi giornalisti oggi affezionati alla verità, tutta la verità, hanno colpevolmente ed onerosamente occultato. Se la politica ragionasse di politica, la cosa avrebbe un peso.

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