Politica

Ipocrisia elettorale

Quella attorno al sistema elettorale è una discussione ipocrita. Non ci si lasci ingannare dalle azzeccagarbugliate dei presunti esperti, perché la sostanza è semplice e i torti ben distribuiti. Alla fine la partita si riduce a questo: la non riforma del sistema elettorale è solo un ostacolo sulla via delle elezioni anticipate, il cui scopo eventuale non è quello di mettere in equilibrio la bilancia politica, restituendo la parola al popolo, ma evitare che i partiti della maggioranza si logorino troppo nel sostenere Mario Monti, al tempo stesso consentendo a Giorgio Napolitano di gestire la costituzione del primo governo dopo le urne, posto che se si andasse alla scadenza naturale questo sarebbe impossibile, dato che, in quel caso, il primo compito del nuovo Parlamento sarebbe proprio quello di eleggere un nuovo uomo del Colle.

Nel merito il problema è chiarissimo: i sistemi proporzionali servono ad allargare la rappresentanza e tenere uniti paesi con realtà e identità diverse (fu questo il caso dell’Italia nel secondo dopoguerra, infatti il proporzionale, consustanziale alla Costituzione, ha meriti enormi nell’averci portato ricchezza e pace sociale; i sistemi maggioritari servono a far sì che i governi siano derivazione quanto più diretta possibile della volontà popolare, senza troppe intermediazioni parlamentari. Oggi abbiamo bisogno della seconda cosa. Lo ammettono quasi tutti. Il fatto è che i sistemi elettorali funzionano quando sono coerenti con il sistema costituzionale, e per far funzionare seriamente il maggioritario si deve riformare la Costituzione. Qui cascano i numerosi asini: il centro destra puntò, con l’obbrobrio di Calderoli, a far funzionare il maggioritario senza cambiare la Costituzione, premiando le coalizioni che erano e sono un concentrato di disomogeneità e rissosità; il centro sinistra ancora mena il torrone delle riforme a Costituzione invariata, come se cinque elezioni (tre vinte dalla destra e due dalla sinistra) e diciotto anni di non governo non siano sufficienti a considerare fallimentare questa impostazione.

La “porcata” di Calderoli piace ancora, al di là di dichiarazioni mendaci e indignazioni fasulle, perché consente ai gruppi dirigenti di scegliere i parlamentari. La discussione sulle preferenze è ipocrita, perché così come c’erano e si vogliono reintrodurre sono sconosciute in Europa (oltre che volano di clientelismo, promozione dei ras locali e moltiplicatrici di costi). Quindi, sintetizzando, se si parlasse seriamente si dovrebbe dire: facciamo la riforma del sistema elettorale e impostiamo quella costituzionale, votando subito il votabile, Costituzione compresa. Ma non lo vogliono fare, non ne hanno il coraggio, mancano di visione per l’avvenire, vivono nella nebbia dell’essersi fatti commissariare.

Dicono quelli di sinistra: non c’è più tempo per riformare la Costituzione, chi lo chiede vuole solo impedire la riforma del voto. Sbagliano, perché esiste anche l’onorabilità e la coerenza politica, per cui dicano subito se condividono il sistema francese (un tempo da loro desiderato e ora abbracciato dalla destra) e poi si proceda a tappe forzate, prendendo l’impegno, se necessario, di finire il lavoro nella prossima legislatura. Dicono quelli di destra: se prima non si riforma la Costituzione non ha senso riformare il voto. Sbagliano, perché dimenticano che il sistema attuale l’hanno istituito loro e che una cosa seria e importante come la riforma della Costituzione, anche secondo il modello francese, potevano farsela venire in mente qualche anno prima, non all’ultimo minuto e in modo a dir poco approssimativo. Si confrontano, insomma, due torti, due insufficienze, due irrilevanze. E non è un bello spettacolo.

Se si torna a parlare di elezioni anticipate è per la ragione ricordata all’inizio, che certo non attiene alla lungimiranza, all’orgoglio e al senso di responsabilità delle citate forze politiche.

Condividi questo articolo