Politica

Iraq ed antiamericanismo

Il riflesso condizionato dell’antiamericanismo ha radici plurime nella cultura europea, ed influenza nefasta nella politica italiana.

Si tratta di una tara non attribuibile in esclusiva a questo o quello schieramento, certamente forte nel mondo cattolico e nella sinistra ideologica. L’Iraq sembra essere il paese destinato a far risaltare quest’originaria deficienza.

Peccato, la sinistra sembrava essersi accorta di certi errori. Ai tempi del primo attacco contro l’Iraq, la nostra sinistra scese in piazza per protestare contro i bombardamenti. In tempi successivi Massimo D’Alema riconobbe che si era trattato di un grosso errore, che, forse, pensava di avere emendato prestandosi alla creazione di un governo su misura per garantire l’appoggio militare italiano allo sgancio d’altre bombe, in un altrove a noi più vicino. Adesso l’Iraq torna ad essere un obiettivo possibile ed imminente, e D’Alema torna a dire che si tratta di un errore. Peccato, ripeto.

Il punto è questo: il presidente degli Stati Uniti sostiene che il regime iracheno non esclude affatto l’ipotesi di utilizzare armi chimiche e battereologiche; che per continuare a produrle rifiuta le ispezioni dell’ONU; che modifica i razzi a corta gittata per renderli capaci di colpire fin sul territorio europeo; che, comunque, il primo suo obiettivo sarebbe colpire Israele; che lavora alla preparazione di un’arma atomica. Se fosse vero il dieci per cento di tutto questo, un attacco armato per farlo fuori, lui ed i suoi accoliti, sarebbe il minimo da mettere nel conto.

Ma è vero? Qui è più che legittimo che leaders politici o governi democratici la pensino diversamente, e qui si apre la strada alle iniziative diplomatiche. Ad esempio: penso che Saddam non voglia nulla di tutto questo, che sia demonizzato solo per fini politici interni agli USA, che sarebbe anche ora di finirla con l’embargo, pertanto prendo un aereo, volo a Bagdad e spiego al perseguitato che se mi offre una sponda, se la smette di cacciare a calci in culo gli ispettori dell’ONU, se la pianta di far dire che mangerebbe ebrei a pranzo e cena, io farò valere la mia voce e tenterò di evitare la catastrofe. Invece nulla di tutto questo, non una sola iniziativa politica degna di questo nome. Tutti pigri, o, realisticamente, si giudica inutile una simile iniziativa?

Dovendo, però, marcare il distinguo dal demone americano, due sono gli argomenti più ripetuti: a. si lasci l’iniziativa all’ONU; b. attaccare l’Iraq rischia di incendiare tutta la regione. Argomenti di rara debolezza. L’ONU ha già l’iniziativa, così come il compito di sorvegliare le attività di Saddam, il quale, però, dell’ONU se ne sbatte e manco li riceve. Che si fa, si fa anticamera a vita? Il richiamo all’ONU è solo un piacere fatto a quanti approfittano del problema iracheno per regolare altri conti, e, fra questi, Putin in testa. Se si vuol dire che per evitare che gli USA restino l’unica ed indisturbata potenza planetaria è bene lasciare margini di manovra a chi ha la possibilità di opporvisi, lo si dica, salvo ricordare che questa è esattamente la logica con la quale si è gridato alla vittoria della democrazia ogni volta che l’Unione Sovietica portava il suo fraterno aiuto a qualche dittatore genocida. Ripassare la storia del sud est asiatico, prego.

In quanto ai rischi incendiari nella regione, chi usa quest’argomento sembra dimenticare che nella suddetta regione non c’è una democrazia che sia una, pertanto, semmai, si dovrebbe dire che attaccando Saddam si rischia di irritare altri despoti. Il che è possibile e da mettersi nel conto, ma è cosa ben diversa da quella che si sbandiera. Democratico, invece, è lo Stato d’Israele, ed anch’esso rischia di incendiarsi, ma sotto i colpi delle bombe irachene, sotto la minaccia battereologica che oggi fa correre al vaccino dei bambini.

Tutto questo non vuol dire che se il presidente statunitense decide l’attacco all’Iraq a noi europei spetta il solo compito di vestire la divisa ed andare al fronte. Al contrario, sarebbe giusta ed opportuna una preventiva azione politica. Mancando la quale, però, i lamenti pacifisti son solo lastre di granito sulla tomba dei giusti e degli innocenti.

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