Il più grande ed importante leader politico vivente d’Europa, Helmut Kohl, è stato bocciato dagli elettori tedeschi.
Da una parte occorre cogliere, in questo, la grandezza della democrazia : nessuno, pur avendo ragione, pur essendo nel giusto, può governare troppo a lungo. E Kohl governava da sedici anni. Dall’altra si deve notare che le elezioni avrebbero avuto esito diverso se affidate a quegli stessi elettori che, sedici anni fa, lo portarono al potere, mentre determinate è stata la sconfitta del cancelliere nei territori dell’ex Germania democratica, fra gli ex dominati dai comunisti, fra coloro, quindi, che, forse, più gli dovevano.
La grandezza di Kohl, naturalmente, non lo esentava da errori, ed errori vi furono anche nel processo di riunificazione delle due Germanie. Che rimane, comunque, un momento indimenticabile della storia tedesca, europea e mondiale. Di quegli errori, però, sembrava potessero lamentarsi più i vecchi elettori che non i nuovi. Segno che le vie della democrazia sono davvero infinite.
Un grande leader non viene sconfitto per propria volontà, ma nel farsi sconfiggere mostra (sia pure involontariamente) grande generosità nei confronti del proprio paese. Così Churchil. Così non Mitterrand. Kohl lascia una Germania protagonista del processo di unificazione europea, e la lascia nelle mani di chi quel processo ha avversato. Anche in questo, si spera, sarà la democrazia a provvedere. Del resto, Kohl raccolse il potere dalle mani di Helmut Schmidt, socialdemocratico e continuatore del processo di distensione avviato da Willy Brant. Si poté temere che quel processo venisse compromesso, mentre Kohl lo ha portato a compimento.
Gerhard Schroeder, il vincitore, ha già dichiarato che ci sarà continuità assoluta in politica estera, così come non sembra disposto a subire l’appoggio dei comunisti. Quelli che, in Italia, nel centrosinistra, si spingono sulle punte dei piedi per farsi fotografare accanto a Schroeder, così come ieri vollero farsi fotografare accanto a Clinton e, poi, a Blair, farebbero bene, nella calca dei fotografi, a non perdere il senso delle cose che il nuovo cancelliere dice.
In generale, l’Europa orfana delle ideologie sembra cominciare a scarseggiare anche di idee. Un po’ ovunque si giudica soddisfatto chi crea il “nuovo centro”, località politica fino a poco tempo fa detestata. La politica si riempie di buoni sentimenti e regge poco il peso delle scelte. Il buon Tony Blair ne è il vessillo (avevo descritto, su queste colonne, il mio divertito stupore per la nullità del pensiero blairesco, a proposito della “terza via”; il giorno successivo Blair ha sentenziato : la chiameremo “nuova via”, sti cavoli; qualche giorno dopo mi trovavo nel suo paese e, aperto un quotidiano locale, ho trovato la seguente battuta : il new labour ha presentato la sua nuova invenzione : l’uomo invisibile. Ecco, appunto).
Dalle nostre parti, dopo avere danzato per l’ingresso nell’Euro, i medesimi governanti danzano per la sconfitta dell’uomo che, con Mitterrand, volle l’Euro. Sono gli effetti della “nuova via”.