Raffaele Cantone ha ragione. Ha talmente tanta ragione da avere torto. Ha ragione nel rifiutarsi di prendere un impegno, relativamente all’Expo, se non si ritrova gli strumenti e i poteri per assolverlo. E ha ragione sul fatto che le leggi manifesto non servono a niente, che continuare ad aumentare le pene dimostra solo la pena del vaniloquio. Ha ragione. Ma se ha ragione, che ci sta a fare all’Anac (che non è una parolaccia, ma l’Autorità anti-corruzione)?
Il presidente del Consiglio aveva indicato Cantone, magistrato, quale vigilante contro il dilagare della corruzione nell’assegnazione dei lavori Expo. “Garantirà – aveva detto – la trasparenza delle procedure”. Lui, Cantone, ha subito risposto: “non ho i poteri, o me li date o non ci metto la faccia”. Ora, posto che questa storia della faccia da mettersi ha da finì, perché passi che ci si esprima per frasi fatte, ma, almeno, se ne facciano fare qualche altra, per variare, e posto che è un po’ da sfacciati continuare a reclamizzare pubblicità per il proprio volto, il punto sostanziale è un altro: ma a parte l’Expo, l’Anac vigila per impedire la corruzione o porta la faccia in visita alle scuole? Perché nel caso il guidarla coincida con l’averla fatta funzionare, la domanda è: i poteri mancano per l’Expo, ma ci sono per tutto il resto, o mancano del tutto? Siccome non trovo in cosa la legge escluda l’Expo dai controlli cui è sottoposta una stazione appaltante pubblica, dovrei dedurne la seconda cosa. Che, però, è troppo sconfortante. Purtroppo in tal senso giungono come conferma le parole del ministro Maurizio Martina, il quale ha detto che nei prossimi giorni si dovrebbe varare un dpcm (decreto presidente del Consiglio dei ministri) con i reclamati poteri. Restando il dubbio di cosa abbia fin qui fatto l’Anac, si vorrebbe sapere: a. quali saranno; e b. se varranno solo per Expo o segnano una mutazione genetica dell’appena nata Autorità.
Il dilemma non è nuovo, né risolto: se tali poteri si concentreranno sui controlli e sulla trasparenza, Cantone e l’Anac si mettano in fila, anzi prendano il numeretto, perché di competenti in tal senso ci sono già un numero imbarazzante di soggetti. Circa l’efficacia, rimando alle cronache. Se, invece, tali poteri saranno reali e terribili, consentendo di entrare dentro l’aggiudicazione delle gare, nonché di conoscere quanto già nelle mani dei magistrati, allora annuncio anticipatamente che sarà tutto cancellato per illegittimità. E non solo, perché si creerebbe un centro di enorme potere, che sebbene intestato all’anti-corruzione ha tutte le caratteristiche per divenirne un volano. E non sarebbe la prima volta.
Cantone, del resto, ha ragione anche relativamente alle norme, temendo che arrivi l’“ennesima legge spot” (suppongo usato, il termine inglese, come “pubblicità”, ma funziona anche nel suo significato originario: “macchia”). E’ ora di finirla con la mania di intitolarsi le leggi contro la corruzione. Mica siamo in botanica o astronomia. Anche qui, però, la domanda pertinente è diversa: dato che Cantone è persona così seria da non prestare l’effige a operazioni di facciata, ne discende che la legge in vigore è già sufficiente e funzionante, tanto che lui ha già accettato di curarne l’applicazione? Perché se la risposta è negativa, deve esserci in giro un chirurgo plastico mattacchione; e se è positiva meglio saperlo, così il Parlamento può dedicarsi ad altro.
Temo che molte di queste siano chiacchiere al vento. Per due ragioni. La prima è che le leggi che proibiscono e puniscono funzionano solo se funziona la giustizia, nel qual caso la minaccia della pena è reale. Altrimenti si tratta di fenomeni già accuratamente esaminati e derisi da Alessandro Manzoni. E da noi la giustizia non funziona. La seconda ragione è che ben venga l’idea di punire chi sgarra, ma è necessario anche premiare chi è onesto e bravo. Ce ne sono, ma finché il merito non avrà il trofeo del soldo e la coccarda dell’onore è facile che questa vasta pattuglia di valorosi continui a essere scambiata per un plotone di fessi.
Pubblicato da Libero