Politica

La febbre del voto

Si è riaperta la campagna elettorale. E’ una maledizione italiana: durano mesi e mesi e quando si è votato il sistema restituisce rigidità, ma non stabilità, intesa come continuità dell’azione di governo. Quindi si comincia a ragionare su quel che viene dopo.

Sarebbe un bene votare subito, immediatamente, invece sarà un lungo strazio. Ad oggi non si sono ancora verificati i voti espressi dieci mesi fa, non si è ancora applicata la legge per la corretta attribuzione dei seggi al Senato, e su questo Capezzone fa lo sciopero della fame, non si sono, dunque, ancora chiuse le urne scorse che si pensa alle future.
Il discorso di Prodi, alla Camera, ne è una dimostrazione: il risanamento dei conti è fatto, dice, adesso abbassiamo le tasse. La classica euforia da moribondi. Il centro destra ha sostenuto, per anni, di volere abbassare le tasse, c’è riuscito in modo marginale e s’è beccato i frizzi ed i lazzi della sinistra che, con fondamento, richiamava il problema del debito pubblico. Sta di fatto che la finanziaria 2006 (Tremonti) ha portato un gettito fiscale enorme, superiore alle previsioni, creando le condizioni per il controllo della spesa pubblica e la diminuzione della pressione fiscale. La risposta del nuovo governo è stata: siamo al disastro, c’è un buco, aumentiamo le entrate (quindi le tasse) di altri 34 miliardi. Il buco non c’era, il disastro si chiama debito pubblico, ed è lì da lustri, la finanziaria di Prodi, approvata due mesi fa, non ha ancora dispiegato i suoi effetti e, adesso, il suo autore dice: missione compiuta, giù le tasse. Se non è campagna elettorale, è ubriachezza.
Parte l’ennesima campagna al rialzo, zeppa di spropositi, in cui nessuno ha voglia di dir cose sensate sui problemi veri, preferendo ruzzare con le bandiere, magari fregando quella dell’avversario. Se si chiudesse subito la partita, la cosa avrebbe un senso e, ancora una volta, come sempre da quando si è sul limaccioso lastricato della seconda Repubblica, il governo perderebbe le elezioni. Nessuno che stia governando, al momento del voto, le ha mai vinte. Mandare a casa Prodi sarebbe cosa buona e giusta, ma è quello il problema più grosso. Ci fosse una classe dirigente, se lo porrebbe, senza aspettare che siano le urne a risolverlo, quasi fossero un sorteggio e non un’elezione.

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