Sul tavolo dei liberaldemocratici, di quella galassia laica nella quale anche noi orbitiamo, oggi si trovano questioni politiche complesse, intrecciate, riguardanti l’idea che ciascuno ha del futuro politico del Paese, e del proprio futuro. Ma l’ora delle scelte è giunta, e non può essere rinviata.
Il maggioritario all’italiana ha figliato un bipolarismo deforme, capace di premiare gli estremismi, di radicalizzare le maggioranze, rendendo difficile, se non impossibile, l’azione di governo. E’ successo con il centro sinistra, succede ora al centro destra: il peso politico maggiore è assegnato alle ali, mentre le sorti elettorali sono affidate alla conservazione (impossibile) dell’esistente, alle relazioni corporative, all’imbrigliamento d’ogni politica che voglia rompere la morta gora.
Finite le ideologie, il bipolarismo all’italiana pretende di descriversi con confini ed appartenenze ideologiche, o, addirittura, antropologiche. Sicché i simili son divisi, e convivono con i dissimili, quando non con i diversi. Allora, si tratta di capire: è il caso di rassegnarsi, trovando per i liberaldemocratici, per il mondo laico, tutti i possibili spazi, sperando poi di combinar qualche cosa una volta entrati nelle assemblee elettive? O si pensa esistano margini per un’azione politica, vale a dire per scardinare un sistema che non produce governo?
C’interessa la seconda cosa. E ci sembra anche probabile. Suvvia, lo sappiamo tutti che il bipolarismo deforme si regge su basi fragilissime, è scaturito dallo sconquasso dei primi anni novanta, ed è durato fin troppo. Sappiamo che la prossima legislatura, eletta ancora con il sistema odierno, prenderà atto della necessità di superarlo. Allora, se non s’interpreta la politica come mera sopravvivenza, è più che maturo il tempo per guardare oltre.
Per molte settimane si è allestito un tavolo attorno al quale si sono seduti le donne e gli uomini di formazioni politiche diverse, con alle spalle una lunga e gloriosa storia, con sotto ai piedi le macerie di quel che furono. La galassia laica, appunto. Abbiamo parlato dei temi più diversi, dalla politica economica alla riforma della giustizia, dalla politica estera ai problemi istituzionali, ed abbiamo constatato che la convergenza programmatica è totale. Le differenze emerse sono di gran lunga meno rilevanti di quelle che nascono da una chiacchierata fra amici. Questo è un fatto.
Cosa facciamo discendere, da questo fatto? Che ciascuno continua a camminar per la propria strada, raccogliendo le occasioni che la sorte gli offre, considerandole sempre meno di quel che la storia dovrebbe promettergli? Misera cosa. O alziamo la testa, guardiamo al mondo che si muove, ai fermenti che si agitano nella cultura, nel lavoro, fra i più giovani? Fossimo capaci di far questa seconda cosa quella galassia avrebbe una forza assolutamente non seconda a quella di componenti politiche che rappresentando e pesano molto, in ciascuno degli schieramenti. Guardando oltre scopriremmo quali enormi riserve, d’idee, di capacità, di proposte, e di voti oggi si raccoglie fuori dal bipolarismo deforme.
E’ una follia lasciarsi dividere, oggi, da ciò che già s’avvia a morire. Lavoriamo su quel che manca ad una politica migliore: manca una destra capace di interpretare la libertà di mercato e la difesa dell’individuo; manca una sinistra capace di affrancarsi dal peso delle corporazioni ed in grado di sviluppare positivamente la collocazione occidentale dell’Italia. Questo è il lavoro da farsi, riprendendo la tradizione migliore di queste forze. Non accettare quel che non si condivide, in nome della sopravvivenza, ma cercare lo scontro, favorire l’evoluzione, in nome di una vitalità che non ha esaurito la sua missione.
La politica è poi fatta di quotidianità, che va amministrata. Per questo motivo, le forze politiche, associative, culturali, che si ritrovano attorno a questa galassia si dotino di uno strumento capace di coordinarle. Al tempo stesso, forti dell’esperienza fatta in questi mesi, si avii la stesura di un comune documento politico.
Noi, per la verità, noi che all’Opinione consegnamo la passione delle battaglie politiche, pensavamo, e scrivevamo, che questo lo si sarebbe dovuto fare in occasione delle elezioni europee. Con il senno di poi, avevamo ragione. Ora si apprestano le elezioni regionali, che non sono certo il terreno ideale, ma possono essere l’occasione di un segnale, di un progetto da far valere di qui ad un anno, quando si prepareranno le elezioni politiche.
Ciascuno di noi è legato, eccome, al proprio passato, alle proprie appartenenze. Ed è questo un buon motivo per scegliere la vitalità in luogo della sopravvivenza.