Politica

La guerra buona

L’Alleanza Atlantica non poteva non intervenire in Serbia e, semmai, ha atteso troppo a farlo. Il tempo dell’attesa pesa sullo statuto dell’Onu, che ieri assicurava il mantenimento dell’equilibrio del terrore, mentre oggi è solo una condanna all’immobilismo. Adesso l’intervento è in atto e deve essere portato a termine, altrimenti si sarà solo reso più grave e terribile il male cui si voleva rimediare.

Detto questo, si impone una riflessione sugli argomenti che la sinistra italiana porta a sostegno di un’azione militare che ieri avrebbe avversato e che oggi, invece, le tocca condividere. Argomenti pericolosissimi.

“Noi siamo i buoni – in pratica sostengono – e difendiamo i diritti umani, pertanto è giusta la guerra che abbiamo scatenato”. Questo è un principio terribilmente guerrafondaio, seguendo il quale si può ben avviare una guerra di tutti contro tutti, una specie di devastante apocalissi alla cui radice c’è la pochezza morale. Sarà bene ricordare che mai nessuno, nella storia, neanche Hitler, ha dichiarato una guerra dicendo “sono il cattivo, voglio offendere l’umanità, beccatevi questa”. Neanche Milosevic sostiene una simile cosa, ritenendo, invece, di difendere i legittimi interessi del popolo serbo.

Se valessero i principi tanto cari a Veltroni, non solo dovremmo dichiarar guerra a quattro quinti del mondo (e chissà come faremo a delimitare il quinto rimanente), ma dovremmo occupare i territori dei vinti (ammesso che si vinca) per l’eternità, ad imperitura garanzia che non si violino i diritti umani. A quel punto, però, sarà facile dimostrare che noi si starebbe violando il principio dell’autodeterminazione dei popoli, e per ripristinare il rispetto di tale diritto potremmo dichiarar guerra a noi stessi.

Questa sinistra sembra incapace di comprendere che dietro gli stermini e le pulizie etniche, dietro gli olocausti e le devastazioni c’è sempre l’assolutizzazione di un bene che non ammette né contestazioni né dubbi. Essi sono stati educati a credere in un bene assoluto, e non si liberano di questo incubo neanche dopo il crollo dei loro miti. In virtù di quel principio assoluto ieri tollerarono ben altro e ben più di quel che sta facendo Milosevic, ed oggi, quindi, si trovano senza strumenti logici e razionali per spiegare il perché del loro essere in armi contro il dittatore serbo.

La guerra si fa per raggiungere obiettivi limitati, rifacendosi a principi non assoluti. L’Alleanza Atlantica, così come il segretario generale dell’Onu, ha ritenuto pericoloso il consentire la continuazione della politica nazionalista serba, anche e soprattutto per la possibilità che quella follia attecchisca in altri territori. E’, quindi, intervenuta e si spera che riesca a strappare la pianta, magari con parte delle radici. Chi, ieri, da comunista, si recava, con i bimbi in collo, in corteo dal Papa si trova oggi in imbarazzo a spiegare ai bimbi (cresciuti nel frattempo) perché il Papa non ha cambiato posizione, mentre papà si.

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