Si può cadere nella tentazione di leggere come solo grottesca la faccenda della lettera rubata e resa pubblica in bozza. Un caos a cavallo fra il comico e il drammatico. Ma sarebbe un errore, perché questa roba è stata costruita ad arte. E per capirlo si deve guardare sia i due testi che la scelta, da parte del ministro dell’economia, di sporgere denuncia.
Non è una banalità. Mettendo la cosa in mano alla procura della Repubblica il ministro Tria innesca una macchina che nessuno sa dove potrà portare. La procura dovrà indagare su come si scrivono simili cose, qual è la procedura, chi sono i messi a parte del segreto, chi di loro ha tradito o dove si è aperta una falla. Tutta roba dolorosa. Perché tirarsela addosso?
I testi, del resto, sono diversi, ma mica tanto. Non nella sostanza. Hanno cambiato e annebbiato qualche formulazione, ma non il senso: sì, è vero, abbiamo sforato, ma rimedieremo. Il taglio al welfare non c’era e non c’è, ma la semplice presa d’atto contabile che quota 100 e reddito di cittadinanza stanno costando meno del previsto.
Credo sia successo quanto segue. Il governo sapeva da giorni che sarebbe arrivata quella lettera della Commissione e, al suo interno come nei rapporti informali con Bruxelles, si ragionava su quale sarebbe dovuta essere la risposta. Le vie erano due: quella scelta e quella della rottura, della serie: abbiamo sforato e sforeremo, fatevene una ragione. La seconda è suicida, quindi si adotta la prima. Ma non basta, occorre che il destinatario la accolga se non proprio per buona almeno non solo come accozzaglia di ipocrisie. Occorre che mittente e destinatario concordino nel credere ciascuno alle buone intenzioni dell’altro. Questo accordo c’è sempre stato, sicché non era difficile averlo ancora. E qui esce la bozza, nel pomeriggio di venerdì 31 maggio, dopo le parole felpate ma chiarissime del governatore della Banca d’Italia e dopo il depressivo aggiornamento dell’Istat sulla (non) crescita 2019. A coronamento la mozione parlamentare per i mini bot, destinati a pagare i debiti commerciali dello Stato, votata anche da deficienti oppositori immaginari. Chi ha messo in giro il testo lo ha fatto per far saltare tutto.
Cerca lo scontro, vuole irritare i mercati, punta allo spread alto, snuda l’ipocrisia, perché dopo le ennesime parole a vanvera la Commissione farà tanta fatica a far credere di credere allo scritto e non all’orale, mentre Tria si trova tradito nell’apparire traditore delle parole spese con i commissari. Chi ha fatto uscire il testo vuole, quindi, far cadere il governo? Lo considera un dettaglio, quasi irrilevante. Vuole continuare non la campagna per far uscire l’Italia dall’euro e dall’Unione europea, ma per demolire l’euro e l’Unione europea. Della sorte italiana interessa poco e nulla, quel che conta è servire gli interessi che intendono cancellare il più grande, ricco e democratico mercato del mondo. Magari pensa pure ne derivi un beneficio all’Italia, ma fino a comprendere la psiche di chi si spinge fino quel punto di furia distruttiva non riesco ad arrivare.
Che altra scelta aveva, Tria, se non denunciare? Nella speranza i suoi interlocutori credano sul serio al suo essere una vittima (lo è) e non un pupazzo o un complice.
DG, 2 giugno 2019